Come in un film
Con tutti i film che mi faccio da solo, dovrei essere un regista.
Con tutti i film che mi faccio da solo, dovrei essere un regista.
La tela lasciata alla pioggia, alla violenza del tempo. Sfumature che si perdono, in lacrime di colore. All’immagine che ho di te, ciò non accade.
Piove a dirotto, ma con il sole. Poi compare la luna, ma anche l’arcobaleno. Fa freddo, ma anche caldo. Insomma, non si capisce niente. Proprio come dentro di me. Quando mi guardi.
Via, dagli occhi. Sporchi di inchiostro. Da un cuore in secca. Avido di istinto.
L’amore in lame dorate.
Via, dal tempo vinto, dall’astuzia e la sua pecca. Dalla minuzia e dalla sua bocca. Il mostro ė circondato da orchi. In un mondo irreale.
Via. Da me.
E’ successo tanto tempo fa. Tutto è iniziato da un blog. Poche interazioni con altri utenti e tante cose da dire. La voglia di scrivere a volte è anche solo questo. Voglia di scrivere. Poi arrivarono i commenti, gli scambi di opinioni. Anche accese discussioni. I temi erano tanti, dall’amore alla politica, dalla scienza e poesia. C’era voglia di confrontarsi e anche di scontrarsi. Poi sono arrivati i social network e qualcosa si è rotto per sempre. Tutto è diventato vetrina, esibizione. Le parole sono diventate lame. Gli sguardi sono diventati insulti. Tutto è diventato come se si vivesse in televisione, anche se in realtà non ci si va. Si rimane seduti davanti a un monitor. Come se un social network possa cambiare tutto, ed è vero, cambia tutto. Ma non riesco più a vederne un senso. Una valanga di parole, commenti, opinioni, articoli, contro articoli. Come se questo fosse il futuro, ed è il futuro. Ma mi sembra di aver perso parte di me, che quello che scrivo finisca per non interessare nemmeno a me. Mi annoio. Mi annoiano le mie frasi, mi annoiano i miei discorsi, le mie paure, le mie solite paure. Sembra di correre dentro la ruota del criceto. E spesso corriamo nella ruota del criceto. Vorrei poter provare ancora l’emozione di scrivere, non per una vetrina, ma per una persona. Vera. E poter dire che tutto questo è assurdo, questa scatola, questo tempo. Tutto non ha più senso. Se questo è il futuro forse scrivere non serve. E’ meglio lasciare il compito a uno slogan che spieghi a noi stessi chi siamo. C’è la chiama legge di attrazione, io lo chiamo silenzio.
Quanti sogni non aiutano, e gli occhi, persi nel mare, non sanno trovare una strada. E’ torbido. Quanti istanti possono far piacere, poco prima di uccidere. Così trascini gli istinti primordiali a uno stato che non conosci. E in fondo, nemmeno ti interessa. Solo chiudere gli occhi. Lasciare che il tempo si nasconda. Ho passato tanto tempo a parlare con me stesso, cosa ho capito? Poco. Forse niente. Siamo vetri sporchi, noi. Piccole ombre colorate di vento. Poco prima di fuggire. I luoghi sembrano sempre gli stessi. E io la soluzione non ce l’ho, perché tutto sia diverso. Ci si ritrova qui, al bar. A guardare la superficie del caffè. Sempre uguale. La notte splende come sempre, illuminata da una luna che fa quasi paura. No. I sogni non aiutano. Ti fan sentire inadeguato. Sempre. La terra brucia, sarà stato il troppo sole. La testa mi fa male. Sembra senta il peso del tempo. Senza fine. O forse, una fine ce l’ha. Ed è sempre tardi per guardarsi dentro. Sempre ammesso che serva a qualcosa. Il giorno è un giorno come tanti. Piccole ombre disegnate a stento. Sulla sabbia. Mentre la rabbia ascolta, e sembra stanca anche lei. E’ la prima volta che la vedo così. Non ha più quei lineamenti duri. Non sembra più così determinata. Vorrei sbagliarmi, ma sembra avere paura. Anche lei. Io resto qui. Su questa banchina, da quanto tempo sto aspettando quella nave? Forse non passerà. Ed è meglio così. I miei passi si susseguono, come capitoli di un libro. Ogni tanti mi fermo, guardo una vetrina. E riparto. Quanti sogni non aiutano. Quante stelle non illuminano.
Ci sono dei momenti diversi dagli altri, in cui vengono a galla i ricordi. In cui ogni cosa prende forma, si plasma. Accade quando la luna è al suo colmo e i suoi raggi illuminano tutto. Anche dentro. C’è una strana forma di malinconia stasera, che fa venir voglia di chiudere il pianoforte perché non vuoi più sentirlo più suonare. Perché ogni nota e ogni parola di quelle stupide canzoni ti parlano di lei. Ti fanno sentire perso. E lasciano il peso addosso di un fallimento. No, non fa ridere. Non vedo perché debba farne. Io non lo so cosa sia l’amore. Pensavo di averlo capito. E non era così. Il mio sguardo si perde ancora tra la gente come a voler rincontrare quegli occhi, ma non capita mai. La vita non è un film, e nemmeno un quiz a premi. E’ un gioco scorretto. Una bomba che ha un timer al contrario, verso l’implosione. E’ un suppellettile, che si gioca a dadi la fiducia. Che svende le tue parole togliendole ogni senso. E’ una bella melodia suonata in silenzio. E’ una poesia senza parole. Per quanto tempo vibra una nota? Non lo so. So solo che spesso la si sente ancora dentro, a riecheggiare tra le stanze vuote dei ricordi. Dei passi falsi di un sogno. Delle mezze verità di una vita che sa essere spietata. Questo è l’amore? Si, e allora a che serve? A chi serve? Quali certezze lasciano queste ferite che si fingono rimarginate e che invece gridano ancora? La notte è ancora lunga, la luna è sempre lì a guardami. Passa di qui, almeno raccontami di te. Dimmi cosa pensi di questa anomalia. Ci sono momenti in cui tutto questo non ha senso. In cui perdono senso anche i ricordi e ci penso. Ti penso. Leggera, mentre il tuo treno va via. E miei sogni si siedono su una panchina di una stazione, senza avere il coraggio di rialzarsi. E io non posso obbligarli a farlo. Io non voglio farlo. Il silenzio tutto sommato fa compagnia. Quanto dura una nota? Forse solo l’attimo in cui questo pensiero smetterà vi far vibrare quest’aria. Vuota.
Non tutto si può spiegare, non a tutto si può dare un nome. Ma quando le corde del pianoforte vibrano. La musica. Si riesce a sentire. Dall’emozione, nasce l’emozione stessa. Si imprime sugli spartiti, sui muri. Negli sguardi. Nei piccoli gesti quotidiani. Nello sfiorare un sogno, e nel vederlo sfiorire. A non tutto si riesce a regalare un nome. Ma il tuo, ha più forza di ogni altra parola. Ecco l’amore cos’è.
Negli occhi,
che cerco nei riflessi
Frasi di specchi
I sogni, sempre gli stessi
A far notte,
e ogni stella che parla
Lei se ne fotte
Ma è luna, a consolarla
E il vento,
dorme, silenzioso
Un momento
In un tempo pensieroso
Abbiamo tempo
Abbiamo voglia
Eppure, scappiamo
Braccati dalle paure
Parliamo, con alibi
Che raccontano sfumature
Un giorno,
Farò pace col mare
Un giorno,
Ora ancora non riesco.