Note, a margine

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Note a margine.
Come l’argine di un fiume, quando l’acqua inizia a salire. Quando dormire, infondo non serve a niente. Scandire bene un nome, il proprio. E poi lasciare che quell’ultima lacrima inondi anche l’ultimo pensiero. É notte, e ho ancora voglia di camminare. E di sentire questo freddo che non capisco mai se viene da fuori, o da dentro. Note a margine, perché di pagine, ne ho già scritte tante. E ho paura, sí. Ho paura anche io. Di guardarmi dentro e di non trovarci più nulla. Come dopo un furto. Di scoprire che mi va bene tutto così. Che non voglio più lottare. Sí, ho paura. Del buio, ma non di quello in cui non si vede niente. Del buio dell’apparenza. Del buio che poi é un vuoto, dentro. Paura di rendermi conto di essermi perso. Di avere sbagliato strada. Noi, siamo la nostra stessa poesia. Senza la nostra anima, ma cosa scriviamo a fare? Siamo soli, certo. Ma chi non lo é, infondo? Note a margine, perché la voragine, é inconcludente. Quando l’argine si rompe, si dovrebbe saper piangere. Avere il coraggio di farlo. Quando anche l’ultima lacrima é cristallo, non resta che aspettare. Che ci sia ancora musica. Ancora note, a margine.

Blackipocrity

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Devo fare i miei complimenti ad alcuni organi di stampa che sono riusciti non solo a cavalcare, ma anche a manovrare l’indignazione pubblica per gli eventi di ieri usando il video di un ragazzetto idiota e ignorante e di qualche ebete che riesce anche a farsi dei selfie per immortalare il dayafter. Ottima strumentalizzazione. Complimenti davvero tgcom, il giornale, e chissà quanti altri. Ci chiediamo come sia così facile arruolare poveri mentecatti in organizzazioni ben più violente? Ecco la risposta. La violenza vive dove c’è il vuoto. Di chi protesta ma ormai nemmeno sa più perché lo sta facendo. Seguono altri. Come fossimo sempre su un social. La protesta é sempre quella del g8 di Genova, non dimentichiamolo. La costruzione di filiere che portano a slowfood ed Expo taglia fuori molta gente. La globalizzazione é un concetto importante, ma va monitorato. Capito. Chi protesta seriamente lo fa per questo. Per ricordarci che distruggere terreni e delocalizzare coltivazioni, selezionarle, renderle più “vip”, non fa altro che distruggere il pianeta. Annientare popolazioni lontane, come quelle che a chilometri e chilometri da noi coltivano i magnifici gamberetti. Expo é sicuramente una grande occasione per l’Italia è tutto il settore agroalimentare, ma mai come ora a noi spetta capire di cosa si sta parlando e soprattutto non farci sempre deviare mentalmente da chi lo sa fare di mestiere. Chiudo, dicendo che i blackblock sono un cancro non solo italiano, ma mondiale. Si annidano però tra di noi e spesso chiedono asilo a realtà ben presenti sul nostro territorio. Parlo dei centri sociali, dei covi di ultras, e di chissà quanti altri luoghi concentrino questa strana forma di malessere che poi diventa violenza. Il non pensiero, l’isolamento dalla realtà auto giustificata dal “tanto é tutta una merda”. Senza rendersi conto di essere piccole pedine di un gioco più grande, così come lo siamo tutti a quanto pare. Anche sui social.

Questa é la liberazione

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Ragazzi, che si festeggi o meno, consiglierei di riflettere sulla parola liberazione, é triste e fortemente da ignoranti postare e ripostare sui social propaganda di estrema destra o comunque razzista contro i profughi. Molti di loro combattono una resistenza.
Molti di loro sono partigiani, ovvero contrari alla jihad.
Molti di loro cercano una vita normale. Come tutti.
Non é alzando il muro che risolverete il vostro problema.
Il muro é già stata una delle soluzioni proprio al conflitto a cui fa riferimento la festa di oggi.
A che é servito?
Prima di mettere condividi a qualsiasi cagata, ci si informi. Si studi la storia, anche non quella promossa dai libri di scuola. Studiare anche altri storici, altre versioni, se vogliamo. Ma studiamo.
In ogni caso sarebbe utile, per una volta, che le divisioni politiche venissero superate. La liberazione non ha coinvolto solo la sinistra o solo la destra, ma tutti gli italiani. Vittime di un regime totalitario, vittime di un carnefice. La resistenza rappresenta la fine di un momento buio della storia, quale sia la genesi del movimento dei partigiani é poco importante. É servito a creare un movimento contrario, a scegliere di combattere una guerra diversa. E non é mai tardi, quando si sceglie di combattere per la libertà. Proviamo a fare uno sforzo, a metterci nei panni di chi vive sotto un regime, di chi non può reagire. Di chi soffre in silenzio e che i silenzio cerca una via d’uscita. E pensiamo a cosa possa provare una mamma con un bimbo che cerca di attraversare il mare con una barca fatiscente, magari stuprata da gente senza scrupoli, il tutto per donare a suo figlio la libertà. Ecco, questa é la liberazione.

#8marzo

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Credo che le donne siano il motore principale della nostra società e del mondo per come lo conosciamo. Tutto il resto sono solo chiacchiere.
Quella di oggi é una ricorrenza importante, perché pose le basi per un riequilibrio dei diritti sul lavoro. É quindi testimonianza di come il mondo sia cambiato anche grazie alle battaglie di chi all’uguaglianza ci ha creduto fino in fondo.
Oggi diamo tutto per scontato. Diritti, doveri, libertà. Eppure qualcuno ha lottato per avere tutto questo. Sarebbe ridicolo, semmai, ridurre un giorni come questo all’unica occasione dell’anno in cui un uomo regala un fiore o a una “libera uscita”.
In gioco c’é molto di più.
L’augurio che faccio alle donne é di non arrendersi mai a chi vuole mettere loro dei vincoli. Limitarne i pensieri. Di continuare a lottare perché la donna non debba più essere vittima di una legge che non ma difende dalla violenza, dalla persecuzione, dall’impossibilita di esprimersi al massimo. Sembra assurdo, ma accade ancora.

Oltre il sipario

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Poi, d’un tratto. La luna era calata, così come un sipario. Le allettanti parole, gli occhi lucidi. Gli applausi, e i respiri. I sedili rossi, alternati. I deserto dei passi, di quel deserto, incantato soltanto da un riflettore. Tre gradini. Tendoni troppi rossi, sbiaditi da una passione più forte. Brandelli di un copione, qualche parola qua è lá, incastrata negli ingranaggi del palcoscenico. La vita, é così. Ed era tutto così chiaro. Contavo le battute, e a tratti non capivo. Che anche oltre quella luna, che ogni sera si spegneva. Io, ti aspettavo.

Scrivere

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Scrivere un romanzo degno di tal nome é molto difficile. Chi pensa che se ne possano sfornare molti con tanta semplicità pensa a un’editoria ricca o pressapochista, se non all’auto pubblicazione. Per non parlare della scarsità di spazi e considerazione da parte di una distribuzione che, alla fine dei conti, nemmeno sa nemmeno chi sei. Ci si ritrova a portare il proprio libro a persone che ti guardano come fossi un barbone che fissa il panino nella vetrinetta del bar. Scrivere un romanzo é scrivere una parte importante della propria vita. Ci si studia, ci si investono soldi. E la sua validità dipende sí dall’autore, ma soprattutto dalle persone che ci credono spesso prima dell’autore stesso. L’editore, l’editor, chi legge il libro prima che abbia una copertina. Chi permette all’autore di non cadere strada facendo, nei momenti in cui tutto sembra irrimediabilmente perso. Queste persone sono la componente più importante di un romanzo. E valgono più di ogni vetrina.
‪#‎LMDS‬