Ti ho cercata

Pubblicato il Pubblicato in Pensieri, Poesie

Ti ho cercata,
nelle pieghe di un vestito.
Tra una pagina e una pagina.
Nel filo segreto che lega un bottone.
Sotto cumuli di errori.
E racconti lasciati a metà.
Tra gli ingredienti,
che uniscono i desideri, emozioni,
alla parola futuro.
Per poi dare a una ricetta, un nome.
Perché siamo quelle parole.
Non quelle scritte sui muri,
sempre uguali a se stesse.
E che svaniscono con la pioggia.
Ti ho cercata.
Tra milioni di persone.
E trovata.
Tra una pagina e una pagina,
E al filo, che lega un bottone.
Ora posso dare un nome.

Trovarmi

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Cercavo le parole come conchiglie sulla spiaggia, mentre il mare faceva troppo rumore. I passi sono sempre più difficili sulla sabbia, quando il vento sembra volerti fermare. Ma i pensieri sono più forti, ti spingono oltre. Il sole stava affondando nel rosso sangue. Più in lontananza la notte si faceva strada. Le navi salpavano verso chissà dove. E io continuavo a cercare le parole, ma furono loro a trovarmi.

Nei tramonti disillusi

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Ci trovo la forza nei tramonti disillusi, nelle sbavature dei sorrisi, le sceneggiature di un’onda che si infrange. Negli occhi persi di chi non si vergogna e piange. Perché siamo tutti così diversi, immersi nelle vite di cristallo, nelle note in stallo tra cielo e terra, tra anima e guerra. Ci trovo la forza nei colori, per sfidarmi tra i solchi delle notti.

La mappa del mondo

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Quanti amori abbiamo perso, lasciato per la strada. Tra i colori accesi, di giorni marginali. Leali, con le nostre stesse ali. Ogni giorno è diverso, quando si guarda il mondo dalla punta di una stilografica. L’inchiostro è amaro come il sangue, quando scivola sul foglio, dove ogni sbaglio é un bivio. Quanti amori ho perso, prima di incontrare te.

Quel nodo in gola

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​Un nodo in gola. Note feroci che trovano una strada. Annientano le difese. Lo svolgimento di un tema che all’improvviso si blocca, perché qualcosa si è rotto. Il foglio ancora bianco, dopo ore di attesa. Il tempo che scorre, mentre corre l’allucinazione. E lo sai che basterebbe una canzone, perché le parole tornino a fluire. Perché la musica è quel fiume che trova il mare. E quel mare, per me, è quel nodo in gola.

Il primo passo

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​Potevo contare ogni tasto di quel pianoforte, cercare, ognuno di essi aveva una forma differente. Negli occhi di chi guardava quello strano mobile riuscivo a capirne il pensiero. Per loro erano tutti uguali. Il primo passo fu di sfiorare quei tasti. Ma non accadeva niente. Poi mi feci forza e con quella stessa forza provai a pigiare. Il suono era sgangherato, grezzo, ma a suo modo raccontava il viaggio che quella forza aveva fatto per raggiungere il martelletto e poi la corda, che aveva iniziato a vibrare tra le pareti di legno. Provai ancora, unendo due suoni, poi tre. Nessuno riusciva a crederci. E molti non ci credono ancora. Ma é così che la musica ha origine.

Inutile difendersi

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​Inutile difendersi quando la pioggia inizia a cadere all’improvviso, molto meglio rallentare e godersela. Tanto lo sai che non potrai evitare di bagnarti. I passi sanno assestarsi su un’andatura diversa, più lenta. Da quella dimensione si vedono le cose in modo diverso. Non necessariamente più chiaro. Solo diverso. All’inizio è più difficile, ma poi tutto diventa naturale. E sembra di vederlo un bimbo che inizia a camminare, mentre pensi che gli dovrai insegnare che nella vita non si impara a camminare una volta sola.

L’attesa

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​L’attesa. Quante volte siamo costretti a rimanere fermi ad aspettare qualcosa, che ci spetta, ci piace, ci serve, o che semplicemente non vogliamo. Le lancette girano, come indemoniate. Ma il tempo sembra essersi improvvisamente fermato. E forse una vera ragione non c’è, ma soltanto il colore opaco di una parete, l’anima consumata delle piastrelle, resa chiara da una luce troppo forte.  E chissà se anche il mio riflesso indossa gli stessi volti che ho di fronte, schermati dietro una forza che tante volte non c’è. Se sa ancora ridere, piangere. Capire. Quante volte scegliamo di rimanere fermi, a osservare qualcosa che non sia noi stessi?

Quel sapore amaro

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​Certe frasi sanno di salato, di quel gusto fin troppo amaro. E mi viene da stare zitto, quanto intorno il rumore è troppo forte. E la notte bussa e a passi lenti prende possesso di un solo pensiero. Ho pulito per bene i camerini e il palco del teatro. E ora brilla. Accendo i riflettori, cosicché possa scoprire punti ancora coperti dalla polvere. Questo silenzio é impressionante. Sul palco c’è ancora il pianoforte, che darei per saperlo suonare. Spengo le luci, torno a casa. E nel farlo scelgo di percorrere la strada più lunga. Certe frasi, sanno di salato, di quel gusto amaro, che soltanto il mare possiede.

Vorrei tornare

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​Vorrei tornare a dire tutto quello che mi pare, proprio come una volta. Con l’incoscienza e la spavalderia di chi sa di non poter sbagliare. Quando c’era l’illusione che cambiare fosse impossibile, che le parole potessero davvero bastare e che i sogni non potessero diventare prigionieri dell’illusione stessa. Quando si credeva anche alla lealtà e alla capacità di fare una rovesciata e mandare il pallone all’incrocio dei pali. Allora tutto sembrava possibile e un vaffanculo era la cosa più naturale del mondo.