Devi scavare più a fondo

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Devi scavare più a fondo, se vuoi tornare a scrivere.
Le parole le hai.
Lo sai che sono nascoste da qualche parte.
Ma se non ci credi tu, non ci crederà nessun altro.
Prova con la musica, c’è sempre quella nota, amara, a volte, che fa scattare qualcosa. Che apre quella porta, che conduce alle parole.
Ma puoi anche scegliere di lasciarle dove sono, di difenderle da tutto e da tutti. Non ci sarà nulla di male, perché sarà come difendere te stesso.
Ma se vuoi tornare a scrivere, dovrai rischiare.
Dovrai sfidare gli sguardi di chi ti dirà di lasciar perdere.
E, talvolta, potresti trovarti a essere d’accordo con loro.
Intanto, tu scava.
Cercale.
Guardale.
Se anche se solo una di quelle parole entrerà in assonanza con quella nota, tu non potrai più farci niente.
Avrai le mani sporche di terra, gli occhi lucidi.
E avrai una sola certezza.
Saprai che tutto sarà ricominciato da capo.

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Il dovere di comprendere

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La guerra in Ucraina è una sovrapposizione degli effetti di tantissimi temi, intrecci internazionali, interessi economici, politici, storici e culturali. L’ottica della polarizzazione porta all’estrema semplificazione dei problemi, portanto una tesi contro un’altra, mentre la complessità della situazione è tale da riguardare forse centinaia di tesi contemporaneamente.
Per questo penso sia impossibile affrontare una questione simile come una banale discussione da bar.
Penso sia impensabile una semplificazione, anche perché non possediamo sufficienti informazioni e competenze per comprendere un sistema di pesi e contrappesi, in cui l’equilibrio è determinante per il futuro stesso di tutti i mondi che sono coinvolti.
Ognuno ha diritti alla sua opinione, ma penso sia necessaria l’onestà intellettuale di accettare che non tutto possa essere compreso e discusso come se fosse una partita di calcio.
Sarebbe utile discutere per capire quello che sta accadendo. Per porsi domande, per cercare risposte.
Per approfondire ciò che non sappiamo.
Questa è una fase storica delicata.
Ed è un compito di tutti noi quello di provare comprendere e allontanarci una volta tanto dalle nostre stesse convinzioni.

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Schemi ricorrenti

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C’è tanta comunicazione nel nostro mondo.

Eppure, la comunicazione stessa è spesso vuota.

Pensate alla maggior parte degli influencer.

Aprono un canale.Costruiscono una “community” (un pubblico) proponendo qualche contenuto (un contributo che dovrebbe avere una qualche utilità);

Poi, quando il numero di followers (gente che segue quel canale) è congruo, propongono un prodotto. Che sia un libro, un videocorso, una conferenza, sfruttando un classico meccanismo che all’inizio funziona, ma all’ennesimo “ciao” propinato con toni eccessivamente “confidenziali” lo schema viene irrimediabilmente a galla.

Fare comunicazione non è affatto facile.

E dubito possa farlo chiunque.

Il meccanismo del marketing presenta dei tratti “classici” che puntano sulla vulnerabilità di un target (sempre il pubblico di prima).

Ok, ok, non si può dire.

Ma tra i Content Creator (creatori di contenuto) si cela ormai di tutto.

C’è chi vuole leggere per noi e dirci il finale perché siamo troppo pigri.

Chi vuole illustrarci cosa mangiare, bere, fumare.

Come reagire ai problemi della vita.

Alcuni si inerpicano anche nel volerci dire come pensare.

Sfatiamo un mito, non solo comunicare non è facile, ma costruire contenuti è faticoso, sia in termini tecnici, sia di tempo.

Ci vogliono capacità e investimenti.

E come attività che si rispetti, servono introiti per finanziare l’attività stessa.

Ma allora, parliamo di folgorati sulla via di Damasco della divulgazione culturale o di attività commerciali sotto mentite spoglie?

Difficile dirlo.

Complice la deregolamentazione, i Social possono trarne ampi margini sfruttando gli advertising (la pubblicità), così da alimentare una catena che nasce come intrattenimento, ma è altro.I

n un confine sempre più confuso è necessario prestare attenzione a schemi e meccanismi della rete, anche in ottica delle prossime novità, che poi novità non sono, come metaverso ed Nft.

Ma ne parleremo.

Immagine tratta dalla rete.

La distruzione del pensiero

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La polarizzazione distrugge ogni forma di pensiero.

Lacera ogni forma di moderazione.

Spinge ogni concetto verso l’estremismo, il che non è mai un bene.

La guerra e la pace sono le due facce di una stessa moneta, che resta faticosamente in equilibrio.

Questo perché la storia è ciclica.

E perché racconta sempre una sola parte di una sola delle tante verità.

Ci sono le idee.I punti di vista.E la cronaca di una realtà.

Negarne gli effetti sarebbe un grande errore.

Osservare dovrebbe servire a riflettere.

Per farlo non è sempre sinonimo di schierarsi, ma di comprensione dell’evento stesso.

Fino ad arrivare alle cause.

Questo per dire che nel conflitto in Ucraina ci sono tanti fattori: la storia, l’economia, i legami, la politica, la geopolitica, la geografia e potrei andare ancora avanti.

Io non credo si possa essere contemporaneamente esperti in tutte queste discipline.

E non lo penso nemmeno dei luminari che ogni giorno riempiono i palinsesti televisivi.

Pertanto penso che non ci sia niente di male nel sentirsi in difficoltà nel capire questi fenomeni.

E che, essendo per natura complessi, non possano essere magicamente semplificati da santoni da salotto.

Lol, chi ride è fuori

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Potrei parlare di geopolitica, di idrogeologia o di rivoluzioni culturali, ma oggi si parla di un programma di grande successo di Amazon Prime: Lol, chi ride è fuori. Un programma che prevede di chiudere per sei ore in un teatro dieci comici che per vincere devono rispettare un’unica regola. Non ridere. Fin qui il gioco potrebbe sembrare semplice, ma non lo è quando nel cast ci sono esponenti della comicità di tutte le ultime generazioni, con modi e tempi diversi nelle battute, con mondi diversi, da chi proviene dalla realtà social, come Frank Matano, che con gli scherzi ci è nato  chi dalla scuola Guzzanti, chi dal cabaret e avanspettacolo come Lillo, chi dalla scuola Zelig, come Pintus, fino ad arrivare alla nuovissima scuola del Comedy Central come Michela Giraud e Luca Ravenna e del The Jackal, per arrivare alla comicità storica e surreale di Elio. Una miscela che non può non risultare esplosiva e toccare livelli di spontaneità dell’antico Mai dire Gol. Insomma, un programma di intrattenimento leggero, ma che si allontana dalla finzione che vuole sembrare tv verità. Forse questo punto segnerá un vero spartiacque tra la tv per come la ricordiamo e quella delle piattaforme, che entrano pesantemente e prepotentemente nel varietà e nel costume. Ebbene, sì, mentivo. Sto parlando di una rivoluzione culturale.

Spara, spara e salva il mondo

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Una nave cargo bloccata nel Canale di Suez, una pandemia mondiale, una corsa al.vaccino che ricorda una grande partita s scacchi. Ci sarebbero le basi per un thriller “spara, spara e salva il mondo”, come una blogger ha definito un mio romanzo, se non si trattasse della nostra vita. La geopolitica è sempre stata vista.come un tema meno importante perché poco verosimile, eppure la nostra storia è da.sempre appesa a un filo di equilibri economici e di poteri molto più grandi di noi, da un mercato delle informazioni che corre molto più veloce degli influencer. La rete non è la liberta, ma un circuito che ci controlla con più facilità. Anche chi pensa sia la manna dal cielo per la libertà di espressione non si rende conto che sia il bavaglio più efficace, regolato da algormi e banche dati che sanno chi siamo, molto meglio di noi. Per questo preferisco analizzare ciò che accade e giocare a trovarne una storia che possa raccontarne un punto di vista. E chissà, forse potrebbe essere molto più verosimile di tante saghe familiari più simili alla fantascienza.

Ph: dalla rete

Virologi in cerca di autori

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Come consulente dovrebbe affrontare il tema con il Ministro nelle sedi corrette, non parlare pubblicamente in questo modo. Questi personaggi dimostrano solo di non essere adeguati al ruolo che ricoprono, soprattutto in un contesto delicato come quello che stiamo vivendo.

Crisanti: “Chiudere 3-4 settimane in maniera drastica stile zona rossa di Codogno, e fermare ogni forma di pendolarismo, anche quello degli studenti, che è una fonte di diffusione del contagio da Sars-CoV-2 molto pericolosa”.

Vale lo stesso discorso fatto per Ricciardi. Ma il tema è un altro, cosa vogliono dire questi signori, che queste “varianti” del Covid ci stanno riportando alle condizioni di un anno fa? No, perché é quello che stanno facendo.  Seconda impressione, Crisanti si sta proponendo come alternativa a Ricciardi. In tutti questi casi penso che questi signori non siano adatti a questo tipo di ruolo. Parlano troppo e con il pubblico sbagliato.

Parliamo di Dad, didattica a distanza

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Ma parliamo di Dad, didattica a distanza.
Continuo a leggere articoli il cui senso è “è stato tempo perso”. In questi mesi ho potuto vedere da vicino il dietro le quinte della Dad, come sapete Anna è un’insegnante delle scuole superiori. Ho visto tenere vivo il corso con dedizione e passione per l’insegnamento e volontà di dare un contributo serio nello sviluppo della preparazione dei ragazzi. Partiamo dal presupposto che la dotazione informatica partiva già da un buon livello, cosa che non si è potuta sempre dire per le scuole, comprensivamente non pronte a gestire un traffico dati così importante, parlo del traffico dati necessario per garantire videoconferenze per tutte le classi. Ma questo è un altro tema, di gestione, così come i trasporti. La Dad è stata affidata alle singole competenze e risorse dei singoli insegnanti. Non si può pertanto condannare chi non era nelle disponibilità di competenze e risorse informatiche tali da gestire questo tipo di comunicazione. Tanto meno Regioni e Ministeri, a meno che non lo si voglia fare per la gestione priva di lungimiranza degli ultimi venti anni. E qui ci sarebbe molto da dire. Ma torniamo alla Dad, ho visto dei ragazzi seguiti, che hanno ricevuto contenuti inediti, informazioni in tempo reale, sostegno. Cosa difficilmente replicabile con classi divise tra presenza e distanza. Troppa confusione nelle scelte, troppe liti politiche, che per poltrone, capitalizzazione dei consensi, voglia di spartire i soldi dei finanziamenti europei, che gratis non sono, passano sulle vite dei ragazzi. Questa non è politica, non fa venire voglia di andare a votare, ma anzi. Il futuro non si costruisce con gli slogan, ma con i fatti. Ma esperti in slogan ce ne sono fin troppi. Servono fatti e chi li sa mettere in pratica per risolvere problemi. E non per crearne di nuovi.

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#nextgeneration o #pastgeneration?

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Da ormai un po’ di anni la politica sembra vittima di un “nuovismo” misto a populismo che non son solo non ha nulla di innovativo, ma che sembra averci ricatapultati nella prima repubblica. Ex rottamatori, ex riformatori, ex leader, ex scambisti di ruoli a parlamento, ex comunisti padani statisti, sono tutti impegnati in un’unica missione: spartirsi i soldi europei (debiti, in realtà) per l’ennesima regalia da capitalizzare alle prossime europee. Un governo ormai latitante che non da i numeri, ma i colori. Un’emergenza gestita in modo improbabile e la mancanza di progetti seri fanno il resto. Continuo a chiedermi perché l’Italia debba essere sempre e solo la culla delle pretese senza mai fare un solo passo in avanti. Di chi con un piccolo potere è in grado di piegare anche solo l’illusione di poter cambiare qualcosa. Di innovare, per esempio. Di chi ha interesse a lasciare sempre tutto così com’è, perché solo così può giustificare la propria esistenza.
La politica dovrebbe servire a gestire fasi di cambiamento, non a spartirsi torte. Quella era la prima repubblica. Ma, era?
#pastgeneration

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