Due parole su Squid Game

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Due parole su SquidGame.

Io l’ho trovato triste. La narrazione scava molto nell’animo dei protagonisti, al punto da diventare una metafora del mondo, di come la vita possa portare una persona a fare scelte disperate al fine di riscattare la propria identità e la propria storia. A scommettere tutto, compresa la propria vita. Il punto è proprio questo, la vera protagonista della storia sembra proprio essere la disperazione. Non si intravedere una vera e propria forma di riscatto da parte dei personaggi, in qualche modo sembrano tutti perdenti, incapaci di riprendersi davvero la propria vita. In questo modo diventano ostaggio di un gioco perverso e perfido, che li spinge ben oltre i limiti della civiltà, perché la vera sfida è sopravvivere. La metafora copre la differenza tra il mondo ricco e la povertà più assoluta, tra la disperazione e la perversione, in un vortice che oltrepassa l’intrattenimento, per arrivare alla voglia di prendere le distanze. Ok, anche in questo caso si tende a guardare questa serie più per moda che per volontà, però dovremmo sforzarci di leggerci il messaggio che vuole dare, perché non è solo una serie per intrattenere e va ben oltre le scene sensazionalistiche più conosciute. L’obiettivo, infatti non sembra quello di intrattenere, fa di far provare quella forma strana di tristezza. E in questo raggiunge bene il risultato.

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