#LabirintoL'equazione - Il thrillerLa Macchina del Silenzio

Labirinto – EP15

Nelle puntate precedenti:
Labirinto – Ep14

Centro di detenzione preventiva

I detenuti erano costantemente sottoposti a un monitoraggio attento e scrupoloso, in cui migliaia di sensori scrutavano ogni loro singolo e impercettibile movimento. Ogni più piccolo dettaglio era utile per tarare il sistema e renderlo sempre più efficace, consentendogli l’azione anche alla parte di popolazione che sembrava non esserne condizionata. I progettisti un tempo erano esseri umani, ma il sistema era diventato sempre più efficiente, sino al punto di essere perfettamente in grado di correggere in perfetta autonomia ogni più piccola problematica. Il progetto si era sviluppato velocemente. E quella in corso era l’ultima fase, la taratura del meccanismo di riprogrammazione. Fase che decretava senza ombra di dubbio quali erano i soggetti immuni al trattamento e per i quali non poteva che esserci una sola soluzione: la soppressione. La fase di analisi in corso serviva a identificare le procedure più profonde di difesa e di necessità di sopravvivenza della mente umana, l’ultimo baluardo al controllo completo degli esseri umani. I detenuti che presentavano maggiori problematiche venivano privati del cibo, del sonno, dell’acqua. Molti di loro impazzivano, ma non prima di aver fornito una serie di informazioni fondamentali per tarare i limiti entro i quali lavorare per la conversione. Simona era seduta in mezzo a centinaia di uomini e donne vestite come lei con un’anonima tuta grigia. Guardava quelle persone che vagavano per l’immenso salone, spaesate, alla ricerca di un viso conosciuto, di un qualcosa che ricordasse loro chi erano. O chi erano stati. Ognuno di loro di sentiva vittima di un errore e della loro paura. Cercò di controllare meglio cosa la circondava. In ogni angolazione era stata posizionata una telecamera munita di sensori. Da quello che conosceva di sensoristica immaginava di trattasse di rilevatori di temperatura, microfoni e chissà cos’altro. Erano stati segregati in quel luogo come topi da laboratorio. Cercava di capire meglio chi fossero le altre persone attorno a lei, cosa la legava a loro, una correlazione, qualcosa che unisse i loro destini. Il suo sguardo venne attratto da chi, come lei, sedeva con le spalle al muro. La maggior parte di loro aveva ormai lo sguardo perso nel vuoto. Non cercava più nulla e nessuno. Lasciò che il suo sguardo scorresse su quei visi. A un certo punto lo sguardo si fermò. Aveva intercettato qualcosa che aveva rimesso in movimento qualcosa nella sua mente. Uno sguardo. Qualcuno che sembrava fissarla. Era una donna. Si rese conto di conoscerla. In quello sguardo c’era qualcosa che non riconosceva in lei. Qualcosa di profondamente oscuro che le fece venire un profondo brivido. Quello sguardo le ricordò suo padre. Il Maestro. In quello stesso istante un sensore aveva rilevato un’anomalia. Photo by Unsplash