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Recensione album “Applausi a Prescindere” di Stefano Vergani

L’album “Applausi a Prescindere” di Stefano Vergani è un album che racchiude diverse sonorità che attraversano il jazz e incontrano la musica popolare, per poi giungere a un pop gradevole e orecchiabile. I brani sono particolari e intensi. Il primo pezzo è “Guardare le stelle non è come leggere il giornale”, una ballata leggera e profonda, un viaggio nel tempo con parole che incantano e suoni che avvolgono. Forti richiami alle radici cantautoriali italiane. Un racconto appassionato e piacevole da ascoltare. “Regina” è una ballata che parla al pop, passando per un tenue valzer. Una musicalità dinamica miscelata a una racconto ironico, ma non troppo, sulla gelosia e sull’amore perduto tra le sfumature di una storia che ha il sapore di altri tempi. Eppure così attuale. “Incubo Erotico” regala parole intense e cariche di sensualità, tra ironia e voglia di raccontare pensieri. Un sound che rende il pezzo divertente e intrigante. “Primavera in Brianza” racconta di un periodo strano, alla ricerca di un luogo di ricordi, di pensieri. Di sapori dimenticati, o mai conosciuti. Una metafora del tempo e della sua importanza. L’apprezzare l’attimo. Il momento sconosciuto.“Su tutto quello che non sei” ci sono le immagini di una vita ad attendere il momento, che talvolta è quasi meglio non arrivi mai. “Piccola storia volgare” è una storia surreale, consumata di realtà e di immagini sfumate in una cronaca, appunto, volgare. Quanto verosimile. “La bacerò sul viso” è una favola di musica e istantanee tra musica e sapore del vino. “Dove sei finito” è una ballata semplice e complessa. Incantevole e incantata. Svegliarsi e guardarsi intorno. Percepire qualcosa, di intenso. Un sentimento che svanisce, o si nasconde, per essere cercato ancora. “Un’estate all’ombra” è una storia dissacrante, ricca di metafore e di evocazioni di vita, richiamo all’estate e fuga da quelle stesse immagini. La ricerca di se stessi. La voglia di cercarsi oltre i colori del mare. “Applausi a Prescindere” è un disco che richiama atmosfere di una musicalità pop in tutte le sue sfumature. Un mix di tanti generi. Un ottimo compromesso che mette in cima la voglia di far musica e soprattutto di raccontare un mondo con una chiave di lettura nuova e appassionante. Come un cantastorie dei giorni nostri, che usa una lingua che sembra così lontana, da non farci capire che è ancora la nostra. Un ritrovarsi tra le note e le parole. Una ricerca di un nome che poi è il proprio. Un passato che diventa presente e un momento che non smette di stupire. Una storia lunga un album, carica di passione e musica da ascoltare.

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