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Perdonami

Perdonami. E lo dico a me stesso, quando mi ingozzavo di cibo fino a star male e quando smettevo di farlo per giorni, per punirmi di non essere ciò che avrei voluto. Il male di vivere spesso si nasconde nelle cose più insignificanti. Ed è sempre complesso rendersene conto, ci vorrebbe una grande osservazione di se stessi e nessuno di noi ne ha le armi, soprattutto quando si è ancora piccoli. Quando si osserva dai bordi del campo il proprio compagno di squadra essere atletico e velocissimo col pallone. Quando si sceglie di rimanere in panchina perché non ci si ritiene in grado di fare altrettanto. Quando è il campo a condannarti alla panchina. Quando sono gli altri a fartelo notare. Quello che nessuno dice mai è che fa male. Molto male. E quello che nessuno ti dirà mai è che dal non riuscire ad accettarsi se ne esce con molta fatica e tanto coraggio. E questo non tutti riescono a trovarlo. Molti rimangono ombre. Immagini riflesse e deformate, sogni che rimangono a metà. Quando ci penso non posso che dirmi una cosa: perdonami. Per quello che hai dovuto patire per reagire a tutto. Costruirti l’aggressività necessaria per non farti calpestare, crearti la rabbia come combustibile per reagire alle ingiustizie della vita, per averti costretto a fare tue le disillusioni, perché così saresti più capace di non farti travolgere. E poi per aver avuto pazienza, perché aver tenuto in tutto questo l’anima a riparo da tutto, pronta a riprendersi il suo posto, facendola allenare duramente, perché potesse abbandonare la panchina e tornare in campo più forte di prima.