Pensieri

“Non hai proprio un cazzo da fare, eh?”

“Non hai proprio un cazzo da fare, eh?”. Questa è la tipica frase che viene posta a un autore emergente che si appresta a parlare del proprio romanzo ai propri conoscenti. Capite bene che entusiasmo e autostima subiscono così un grosso colpo. Soprattutto se hai impegnato negli ultimi anni le tue notti a costruire trame e personaggi. Questo perché il sedicente autore di giorno lavora, fa un’altra vita, proprio come superman, ma senza quell’orrenda tutina attillata. E soprattutto senza i superpoteri, semmai con un grandissimo sonno arretrato. Lo so bene che sarebbe più bello e utile raccontare quanto sia bello scrivere, perché, diciamolo, scrivere è il momento più bello. Quelli in cui si è più se stessi. Poi la propria storia inizia un lungo viaggio, spesso tormentato. Un viaggio in cui l’autore svolge il ruolo di un inesperto Virgilio. Così ci si ritrova un giorno a guardare la propria immagine in una vetrina di Intimissimi (e lo so, siamo tutti uguali). Ci si scopre un po’ più scoloriti. Domande introspettive, autoanalisi, per poi capire che a mancare sono gli ideali che ti avevano da sempre contraddistinto. Certi mondi ti svuotano, lasciandoti in un involucro in cui non ti riconosci più. Stanco. E disilluso. E sia ben inteso, non sono i risultati il problema, perché le battaglie a quelli come me piacciono, ma aver intravisto nella solita vetrina di Intimissimi le facce alle proprie spalle. E solo in quel preciso istante averne capito le intenzioni. Scrivo perché per me è respirare. E se devo essere sincero mi importa poco niente del parere di blogger improvvisati, pseudo operatori di settore con i titoli stampati alla copisteria di fronte casa, filosofi da bar sport, quindi “sì, ho molto da fare, amo il mio lavoro, ma anche vedere le facce così buffe alle mie spalle, così piene di sé da non riuscire a vedersi davvero per ciò che sono davvero. Forse quando mi vedrò così vuoto, forse deciderò di fare un passo indietro. Per ora, seppur stanco e provato, continuo a recitare la parte che mi viene meglio. Essere me stesso.