Quando hai dato tutto

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Quando hai dato tutto,
resta il vuoto.
Hai ascoltato tutti,
ci hai creduto.
mentre ti ferivano.
e camminavi ancora.
Quando volevi piacere a tutti.
E facevi schifo a te stesso.
Quando volevi urlare.
E sei stato zitto.
Quando arrivava il conto,
di quei silenzi.
Dei sogni infranti sugli scogli.
Del tuo riflesso, nella ruggine.
Dell’amore rubato.
Quando chiedevi aiuto,
e dovevi rialzarti da solo.
Quando pensavi fosse odio,
ed era stanchezza.
Quando hai dato tutto,
resta il vuoto.
E inizi ad amare,
anche i silenzi.

Qualcosa

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Qualcosa si è rotto.
Nel gioco di specchi,
sogni e ricordi.
Occhi che bruciano,
oltre i rumori sordi.
Qualcosa si è spento.
Tra ciò in cui credevi,
e ciò che immaginavi.
Corri e corri ancora.
E ora, che rimane.
Qualcosa si è perso.
Tra i passi nella neve,
svaniti al primo sole.
Tra i sogni traditi,
i colori del cielo, rubati.

Immagine generata con AI Gemini

Polvere

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Sibili.
Fragori lontani.
Vino rosso sangue.
Bandiere spezzate
e urla per le strade.
Vestiti e stracci.
Vestiti di stracci.
Poche cose nella scatola.
Andrà tutto bene,
dicevano.
Finirà presto,
dicono.
Della mia casa,
solo pietre e polvere.
Del mio futuro,
polvere da sparo.
Sibili.
Fragori lontani.
Poi, il buio.

Immagine creata con AI Gemini.

Se solo fosse il tempo

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Ci fosse stato il tempo.
Come se davvero fosse una questione di tempo.
Il mondo si colora una luna rossa.
Gli occhi, rossi, di riflesso.
Le parole rubate.
Senza chiedere alcun permesso.
E ora quella musica è lontana.
Sussurri un nome, che hai ormai dimenticato.
Sei ruggine.
Rossa e pallida.
Silenziosa e impavida.
Ci fosse stato il tempo.
Ma, poi, cos’è il tempo?
E tu, poi, chi sei davvero?

Il fenicottero

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Cercava di correre il più veloce possibile, ignorando il dolore ai muscoli e i battiti del cuore che viaggiavano troppo veloce. Girò all’angolo, sperando di far perdere le sue tracce, ma il suo inseguitore era sempre lì, a ridosso. Entrò in un negozio, per uscire di corsa dal retro e correre in strada, in direzione opposta.
Solo una settimana prima aveva finito le riprese della nuova seria in cui interpretava un exagente alle prese con un complotto mondiale, ora doveva seminare dei seguri armati.
Si nascose tra la folla e imboccó una stradina secondaria, per poi entrare in un portone e uscire dal retro. Corse ancora per raggiungere una via trafficata e nascondersi in mezzi alle persone. Cercò un punto di osservazione sicuro e individuó i suoi inseguitori. Sentí vibrare il telefono nella tasca dei pantaloni. In quel momento decise di muoversi lungo la via.
Lanserie era composta da dieci puntate, la trama aveva inizio con il ritrovamento di un cadavere di una giovane, il cui corpo era stato trovato privo di vestiti, in una zona industriale della provincia torinese.
A colpire il detective, che lui interpretava era stato un tatuaggio. Un fenicottero armato.
Entrò in un portone e cercò un uscita sul retro, ma non la trovò. In quel momento sentí il portone aprirsi e decise di salire le scale.
Il detective aveva chiesto a un agente giovane di cercarlo in rete. Il giovane agente aveva effettuato una ricerca mediante applicazione di intelligenza artificiale. Il tatuaggio aveva portato a dei video di una ragazza nota nel settore per attività legate a una famosa piattaforma di condivisione di servizi hard. La cosa che aveva colpito l’agente è che, per quanto la posizoje del tatuaggio e in generale della corporatura stessa della ragazza combaciassero con quella del cadavere, il volto fosse differente.
Salí all’ultimo piano del palazzo e si guardò intorno. Nessuna via di fuga. Il telefono continuava a squillare. Prese in mano il dispositivo e vide chi stava chiamando. Era la sceneggiatrice della serie.
Rispose.
“Stanno cercando di entrare. Dalla centrale non risponde nessuno!”, sentí dalla voce della donna.
“Stanno cercando anche me. E mi hanno trovato”.
“Che facciamo?”
Alla fine della decima puntata il detective e la sua collega, una giovane investigatrice, tramite le ricerche della divisione informatica avevano trovato un fabbricato da cui partivano diverse connessioni. Con l’ausilio delle forze di assalto erano entrati. Avevano trovato nel capannone una serie di server e computer attivi che riempivano l’intero capannone.
I due uomini uscirono dal vano scala e iniziarono a muoversi nell’area del tetto alla ricerca del protagonista.
Mediante una riverca approfondita delle linee di connessione avevano individuolato un secondo fabbricato, un vecchio albergo trasformato in una casa di appuntamenti in cui delle giovani donne venivano costrette a rapporti sessuali e i cui video venivano veicolati su una piattaforma, previo filtro dell’immagine che trasformava i volti e generata un profilo nuovo che veniva utilizzato per il marketing e per le attività collaterali, vendita on line di immagini e video personalizzati.
Il protagonista era riuscito a scendere lungo un pluviale e a salire su un balcone, sfondando il vetro con un vaso era riuscito a entrare nell’appartamento.
Dal cellulare, rimasto attivo sulla linea aveva sentito dei rumori, colpi di pistola.
Credeva nelle capacità della sua collega, detective di razza. ormai la loro copertura era saltata. Il capannone con i server nob era che una piccola parte dj un sistema più complesso. In quel momento erano in corso gli arresti dei componenti dell’organizzazione. Ma era consapevole che si trattava di una cellula di un sistema molto più ampio e sviluppato.
Scese lungo una seconda scala e si reimmise sul marciapiede affollato e fece perdere le sue tracce.
“Sei ancora li?” disse, riposizionando il cellulare all’orecchio.
“Sono al sicuro. Tu?”
“Anche io.”
“Il nostro lavoro non è finito.”
“Il nostro lavoro è appena iniziato.”

Il naso rosso

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Ci sono luoghi in cui hai lasciato il cuore.
Luoghi che, però, oggi trovi diversi,
anche se nulla sembra davvero cambiato.
Ma sei cambiato tu.
Forse a causa delle delusioni,
magari delle illusioni,
rivelatesi, col tempo, tali.
Forse perché, poi,
lo hai capito,
che sfruttavano i tuoi sogni.
Oggi è più difficile,
perché quei sogni non ci sono più.
Resta la lucidità,
con la quale oggi riesci a vedere meglio.
La verità è che ti sentivi parte del circo.
Probabilmente eri solo il pagliaccio.
Oggi sei uno qualsiasi del pubblico.
Un po’ dispiace.
Ma solo un po’.
In tasca hai ancora il tuo naso finto.
Ma non fai più ridere.
Perché per far ridere ci vuole quel cuore,
che oggi, qui, in questo circo,
non c’è più.

Scrivere è un gioco d’azzardo

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Scrivere è un gioco d’azzardo.
Raccontare una storia è nasconderne i dettagli, le trappole, quei punti d’appoggio che serviranno per svelare, piano, piano, la trama.
Scrivere è svelare le carte.
A un certo punto, tutto deve apparire chiaro.
Come nel momento esatto in cui l’investigatore scopre chi è l’assassino.
Nello stesso istante in cui caposce che è proprio davanti a lui.
Nello stesso istante in cui capisce che l’assassino sta per ucciderlo.
Nulla, in una trama, accade per caso.
Chi scrive, però, questo lo sa bene.
Per questo rischia.
Perché scrivere è un gioco d’azzardo.

Autunno imminente

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C’era un colore strano, tra i riflessi di un mare distratto. Stelle in avaria, senza piú una storia da raccontare. Aveva sofferto troppo e il peso di quei ricordi non andava via con la notte. Ogni notte restava sveglia per ore, fissando un soffitto che non avrebbe assolto i suoi pensieri. Aveva creduto nei sogni, nelle illusioni, nelle fottute convinzioni di un mondo perfetto. E ora quello spettacolo non lo proiettavano più in nessuna sala. I suoi genitori si erano rassegnati che la sua figlia preferita non fosse più quella che consideravano perfetta. I sentimenti sporcano. Amerai ancora, le dicevano. Ma il tempo era passato e i sensi di colpa, sembravano sempre più una sentenza.
Nemmeno i colori di un autunno immenente, rendevano giustizia a quelle sensazioni. Si era rotto qualcosa, da qualche parte, come tra gli ingranaggi di un vecchio orologio.
Lei aveva bisogno di colore, della brezza del mare e di un sorriso nuovo da indossare.

Nessuna risposta

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Dov’eri? chiese a quella donna che non riusciva a riconoscere.
Sono sempre stata qui. Rispose lei, cercando di sistemarsi i capelli, bagnati dal temporale improvviso.
Non è vero. Hai lasciato qui solo la tua ombra.
Io non sono ancora progettata per rispondere a questo tipo di quesiti, rispose lei.
Chiuse il pc e si affacció alla finestra. Di fronte a lui l’ennesimo grattacielo a coprire quello che era stato il mare.
In strada le solite automobili impazzite, le impronte degli pneumatici nelle pozzanghere, le serrande chiuse, gli spacciatori agli angoli delle speranze di quei pochi fantasmi in giro.
Sul divano una chitarra, velata di polvere.
Nella sua testa, una vecchia canzone.
Ma era ora di andare a lavoro, in una fabbrica visori tridimensionali.
Il sole nascosto ben oltre le nuvole.
Dov’eri? chiese all’ultimo sogno, appeso a un muro ormai ingiallito.
Nessuna risposta.

Foglie svanite

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Le foglie cadute,
il rumore assordante.
L’eco di un tempo,
il racconto innocente.
L’autunno inoltrato,
una lettera al vento.
Il momento sbagliato,
il mare e il cemento
Le foglia cadute,
aspettando che piova.
Le foglie svanite,
in una musica nuova.