Met Gala, l’album di Sarah Toscano

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L’album di Sarah Toscano svela, nel caso qualcuno non lo avesse già notato, le sue potenzialità artistiche e musicali. “Met Gala” è il brano di apertura, con un sound contemporaneo e orecchiabile, mantenendo quel velo di malinconia caratteristico della voce dell’artista e che rappresenta un sicuro valore aggiunto. “Semplicemente” è una ballata a due voci, interpretata con Mida, funzionale e con un ritornello da manuale. Alcuni brani come “Desco” e “Maledetto ti amo”, pur ritmate e ben interpretate, non riescono a lasciare il segno, così come il brano estivo “Taki”. “Dopo di te” è un pezzo più lento e appassionato, con ampio respiro. Segue l’ormai nota “Amarcord”, un pilastro di questo album. “Tacchi” ha ritmo e un sound non proprio originali, ma orecchiabili. “Caos” è un brano movimentato, con begli incastri musicali tra voce e melodia.
“Matchpoint” chiude l’album ed è brano con un ottimo sound, testo leggero, che racconta i sentimenti tipici della giovane età dell’artista.
Nel complesso l’album è decisamente positivo, orecchiabile e in prospettiva rappresenta un punto di partenza di un percorso che può portare a un futuro musicale importante.

Io sono fuoco, il nuovo album di Annalisa

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“Io sono fuoco” è il nuovo album di Annalisa, un disco molto atteso. I brani “Dipende” e “Delusa”, si muovono nell’ormai collaudato stile da motivetto radiofonico, con qualche innesto di parole che puntano a dare un senso e un contenuto, purtroppo con un esito non positivo. Il disco continua con “Esibizionista”, un brano che anche in questo caso mette in discussione il ruolo dell’uomo, ma soprattutto del rapporto uomo donna. Come i pezzi citati prima, suona bene e Annalisa è bravissima, ma il risultato generale è troppo troppo leggero. “Maschio”, la conosciamo, ma ricalca quanto detto fin qui. “Avvelenata” ha un bel ritmo, poca sostanza. “Emanuela” affascina per un sound anni ’80, prova a metterci sopra un testo impegnato, più o meno come accade in “Chiodi”. “Io sono” é un brano che cerca di fare il punto rispetto all’album. “Amica” appare più appassionata e forse più vera. “Una tigre sul letto continua a parlarmi” è un po’ una sigla di chiusura. L’attesa era tanta per il pubblico, ma il risultato è scadente. Il livello non varia molto rispetto all’album precedente. Si parla di vortici e fiamme, ma la verità è che il valore di Annalisa non viene valorizzato, discorso a parte per “Piazza San Marco”, siamo di fronte a un album colmo di musichette, anni 80, ok, ma ritmi tutti troppo simili. Parole che vorrebbero, ma non arrivano da nessuna parte. Femminilità, femminismo, ci sarebbe di cui discutere, solo che qui non succede. Un vero peccato e un’occasione mancata.

Definisci bambino

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Definisci bambino.
Il concetto espresso da uno dei tanti e insignificanti pupazzetti dei talkshow ha dato il via a una reazione a catena che è sfociata in un vero e proprio moto di piazza. E passi per il tentativo di ridimensionare il fenomeno come “weekend lungo” e le strumentalizzazioni delle diverse parti politiche e sociali, ma si è trattato di una reazione molto importante. Sbaglia, a mio avviso, chi vorrebbe ricondurla al “ritorno della sinistra”, perché siamo davvero fuori orbita, ma della rinascita di un’esigenza di futuro, che non può vivere di soli slogan e affari. Detto questo, il mondo attorno corre, la tecnologia rischia di far cambiare il mondo, con esso, quello del lavoro. Risvegliarsi dal torpore è un inizio. Ma il percorso da fare per ritornare a parlare di politiche, di qualsiasi orientamento si tratti, senza la retorica imbarazzante dei pupazzetti da talkshow e da social è ancora lungo. È comunque un inizio.
Perché bambino è già di per sé la definizione di futuro.

11 settembre, oggi chi siamo.

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11 Settembre, una data che è ormai storia. È il momento in cui il mondo è cambiato, in cui si è sviluppata la necessità di videosorveglianza, controllo in remoto e che al contempo ha riacutizzato conflitti che sembravano sopiti e aperto nuovi scenari. Nel frattempo anche dal punto di vista economico lo scenario stava cambiando, così oggi assistiamo basiti a uno spettacolo in cui ci fingiamo stupiti. I droni russi abbattuti in Polonia richiamano scenari ancora precedenti, a conflitti generati dagli estremismi, dalle dittature. I personaggi ricalcano figure lontane, rese moderni da slogan apparentemente nuovi e seguiti da eserciti da tifosi, pronti a recitare a memoria concetti, sui quali difficilmente si soffermano. Prima e seconda guerra mondiale non sono capitate per caso, ma per indifferenza, per aver sposato principi nazionasti, volti a mortificare ogni forma di diversità, per poi ritrovarsi stupiti di fronte all’inevitabile. Una polarizzazione da cui non si esce facilmente e in cui per assurdo i pensieri di tutti diventano trascurabili, post veloci inghiottiti velocemente o interamente riscritti da intelligenze artificiali, che pretendono di pensare per noi, convinti di poterle controllare, mentre nel frattempo diventiamo sempre più inermi, impauriti, ignoranti, disinteressati, svogliati, annoiati, ma sempre pronti a inveire contro qualsiasi cosa non rispecchi lo slogan del potente di turno. L’11 settembre sembrava aver risvegliato un occidente addormentato e troppo preso a guardarsi allo specchio e invece sembra aver portato a ciò che mandanti ambivano: annientarlo, distruggerlo, ucciderlo. Proprio oggi questa ricorrenza deve essere lo spunto per guardarci dentro e riflettere, perché il nostro silenzio lascia troppo spazio agli slogan dei potenti di turno, ma soprattutto ai tifosi e ai facinorosi che hanno bisogno di illudersi di essere davvero importanti.

La psicologa, il thriller di B.A. Paris

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“La psicologa” è un romanzo di B.A. Paris molto conosciuto e apprezzato nella narrazione del genere thriller. Leggibile, ma con una trama per nulla originale. I personaggi principali, Alice, Leo, Thomas, Eve e gli altri abitanti di questo complesso chiuso di villette non sono memorabili. La trama risulta abbastanza scontata e la narrazione appare spesso noiosa e ripetitiva. I colpi di scena, quando ci sono, sembrano davvero “telefonati” e non ci sono veri momenti di suspense, piuttosto un tentativo di mischiare carte, di fatto tutte uguali. Un thriller non convincente e direi trascurabile: non brutto, non bello, non particolarmente intrigante. Gioca la sua trama sulla storia di una donna, Alice, che si trasferisce in una villetta con il suo fidanzato Leo. Lei, però, al contrario di Leo, non sa che quell’abitazione è stata teatro di un efferato omicidio di una giovane ragazza, Nina, a opera del suo fidanzato Oliver. Alice, però, non crede che sia stato lui a ucciderla, così inizia ad aiutare l’investigatore Thomas nella ricerca del vero assassino. Una ricerca che appare spesso goffa e patetica, imbarazzante, a tratti. Insomma, un disastro. Così, il finale non può che essere tutto sommato scontato. Thriller anonimo e a tratti bruttarello.

La psicologa, il thriller di B.A. Paris

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“La psicologa” è un romanzo di B.A. Paris molto conosciuto e apprezzato nella narrazione del genere thriller. Leggibile, ma con una trama per nulla originale. I personaggi principali, Alice, Leo, Thomas, Eve e gli altri abitanti di questo complesso chiuso di villette non sono memorabili. La trama risulta abbastanza scontata e la narrazione appare spesso noiosa e ripetitiva. I colpi di scena, quando ci sono, sembrano davvero “telefonati” e non ci sono veri momenti di suspense, piuttosto un tentativo di mischiare carte, di fatto tutte uguali. Un thriller non convincente e direi trascurabile: non brutto, non bello, non particolarmente intrigante. Gioca la sua trama sulla storia di una donna, Alice, che si trasferisce in una villetta con il suo fidanzato Leo. Lei, però, al contrario di Leo, non sa che quell’abitazione è stata teatro di un efferato omicidio di una giovane ragazza, Nina, a opera del suo fidanzato Oliver. Alice, però, non crede che sia stato lui a ucciderla, così inizia ad aiutare l’investigatore Thomas nella ricerca del vero assassino. Una ricerca che appare spesso goffa e patetica, imbarazzante, a tratti. Insomma, un disastro. Così, il finale non può che essere tutto sommato scontato. Thriller anonimo e a tratti bruttarello.

Lilo & Stitch, il nuovo film Disney

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Lilo & Stitch” è un film che, come spesso accade con la Disney, offre due livelli di lettura della trama. Il primo è la storia dell’esperimento alieno 626, un alieno cattivo e pericoloso che, fuggendo sulla Terra, incrocia la storia di Lilo, una ragazzina in crisi a causa della mancanza dei genitori e che sogna di trovare un vero amico. Il secondo livello parte proprio dalla storia di Lilo e della sorella maggiore Nani, che si ritrova sulle spalle la responsabilità di tutelare la sorella minore, dovendo convincere gli assistenti sociali della sua capacità di avere la necessaria solidità. L’intreccio si sviluppa con il cambiamento di Stitch, che impara il significato di famiglia, facendo suo il motto dei genitori delle due ragazze: in una famiglia “nessuno viene abbandonato, né dimenticato“. Così Lilo e Stitch si difenderanno a vicenda, dando origine a momenti di autentica commozione, grazie anche a uno schema narrativo coinvolgente nella sua semplicità e nel paradosso che mette in luce, oltre a quello di famiglia, il concetto più profondo di diversità e di pregiudizio.

Ninfee nere, il thriller di Michel Bussi

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Ninfee nere è un romanzo di Michel Bussi, che si poggia su un’architettura narrativa perfetta. Gli intrecci della trama, ma anche delle tempistiche di svolgimento sono costruite mediante giochi di specchi, che consentono di giungere alla conclusione con l’attesa del finale ed è ciò che si attende da un thriller e in questo non tradisce le attese e si dimostra all’altezza delle recensioni con votazioni altissime. I personaggi sono ben costruiti e strutturati, a partire dalla voce narrante, a Stephanie, Jacques, Fanette e i detective Sylvio Bénavides e il suo superiore Laurenç Sérénac. Splendida anche l’ambientazione, una Giverny, il villaggio situato in Normandia, noto per essere il luogo in cui ha vissuto e dipinto il grande pittore impressionista Claude Monet. Le descrizioni rendono giustizia ai paesaggi svelati dai dipinti del celebre pittore. Un romanzo sicuramente consigliato, avvolgente e con una lettura scorrevole e gradevole.

Bosch: Legacy, la serie tratta dai romanzi di Michael Connelly

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La serie Bosch: Legacy (Amazon Prime) si discosta dalla serie principale Bosch, seguendo la linea narrativa dei romanzi di Michael Connelly. Si colloca successivamente al momento in cui il detective Bosch lascia l’LAPD per intraprendere l’attività di investigatore privato. Rispetto ai romanzi, in questa serie viene dato un ruolo più rilevante alla figlia Madeline Bosch, che viene assunta come agente proprio nell’LAPD.
Con Bosch c’è il giovane hacker Maurice ‘Mo’ Bassi, che lo assiste nelle diverse indagini. Viene esplorato anche il lato oscuro del detective e viene messo in luce il rapporto fra lui e l’avvocatessa Honey Chandler, che in diversi momenti ricalca il ruolo dell’avvocato Michael Haller dei romanzi. Di questo personaggio ho già parlato nell’ambito della serie L’Avvocato di difesa, disponibile su Netflix.
Le serie Bosch: Legacy sono meno incisive rispetto alle ultime quattro della serie principale. Pesa un po’ il ricambio di diversi attori, che tornano solo con dei camei in alcuni episodi. In ogni caso, le trame sono sempre ben architettate e gradevoli, e lo sviluppo del rapporto tra padre e figlia è molto interessante, anche nel progredire delle due strade professionali intraprese dai protagonisti. La componente psicologica rappresenta un punto di forza della serie in generale.
Ultimo tassello, compare un nuovo protagonista tratto dai romanzi, il detective Renée Ballard, chiaro segno che la storia continuerà. Per chi ama i polizieschi, Bosch può considerarsi un classico. Personalmente, ho apprezzato l’abilità di Connelly nella trasposizione delle sue storie sullo schermo, modificando e adattando storie e personaggi alla nuova narrazione con assoluta maestria.

Liberi, Liberi.

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Come potrebbe una compagine politica nata dalle ceneri di un movimento distrutto dalla storia festeggiarne oggi la sua fine? Si tratta effettivamente un paradosso. Forse, tuttavia, l’errore sta nel considerare la Resistenza al Regime Nazifascista come un movimento speculare e comunque assimilabile a un altro colore politico. Della Resistenza han fatto parte diversi personaggi legati alle più svariate idee politiche, questo perché si è trattato di una reazione a quel particolare fenomeno. Un fenomeno che ha visto il nostro paese complice dei più efferati obrobri della storia. Non è una questione politica, si tratta di onorare la Liberazione da un fenomeno che era è ed é stato imperdonabile. Di fronte a quegli eventi, anche una compagine politica nata dalle ceneri dovrebbe festeggiarlo, perché, facendolo, riuscirebbe a comprendere che si è trattato di un errore della storia. Eh, no, non si tratta di una storia passata, ormai lontana da noi, è un monito per tutti, perché si possa essere grati di essere liberi. Liberi anche di far parte di ogni movimento. Liberi di poter esprimere ogni pensiero. Liberi di potersi dichiarare anche contro una festa, che, in fondo, ci dovrebbe unire tutti dietro il concetto di Resistenza.