L’ultimo segreto, il romanzo di Dan Brown

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“L’ultimo segreto” di Dan Brown mi ha deluso. Rispetto ai suoi romanzi precedenti, manca della velocità di narrazione che aveva contraddistinto le opere più riuscite dell’autore.
Il tema centrale – la mente non locale e, più in generale, il concetto di morte – è sicuramente affascinante e viene affrontato da diversi angoli visuali, ma la trattazione risulta spesso appesantita da inutili ripetizioni e ridondanze.
La figura di Robert Langdon è apparsa particolarmente forzata nel ruolo di “fidanzato” di Katherine, personaggio peraltro già noto al lettore da un romanzo precedente. Le scene si presentano spesso appannate e macchinose, e ciò che manca soprattutto è quel classico mistero incalzante che tipicamente spinge il lettore di Dan Brown a voltare pagina.

Immagine copertina: dal web

Editing effettuato con IA

“Caramé “, il nuovo album di Angelina Mango

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L’album si apre con il brano “Caramé”, l’intro che dà il nome all’intero disco. Ed è ben più di una semplice introduzione. Il brano “7up” è bellissimo nella sua anima decisamente autobiografica, che racconta l’ultimo periodo vissuto dall’artista.
“Le scarpe slacciate” è una ballata che dimostra quanto Angelina sia maturata e sia in grado di avere quella marcia in più, grazie alla semplice complessità dei testi, gestiti con gentile semplicità. “Pacco fragile” è una ballad delicata e intensa, mentre “Ioeio” è un gioiello, nel quale si sente l’influsso di Madame, con un testo introspettivo e interessante. “La vita va presa a morsi” è un inno alla vita, ai suoi contrasti e ai suoi controsensi. “Come un bambino” è un bel brano, intenso, graffiante. È semplicemente bello, senza null’altro da dire. “Mylove” racconta momenti, istanti, fermo immagine intensi, delicati. Veri.
“Nina canta” nasce come intermezzo, ma è in realtà un pezzo a tutti gli effetti, che suona molto bene. “Velo sugli occhi” è una carezza musicale, un velo di malinconia che strappa la pelle e arriva dentro e fa male, per quanto sia evocativa e intensa. “Ci siamo persi la fine” è una canzone d’amore, ma che parla davvero dell’amore in senso assoluto, con melodia e testi che avvolgono.
“Tutto all’aria” racconta la vita, le sue delusioni e aspettative. “Bomba a mano” è un’esplosione di emozioni e voglia di rinascere. “Aiaiai” è un flusso di coscienza potente, costruito anche con la collaborazione di Calcutta e Dardust.
In “Igloo” Angelina esprime un concetto semplice: il non volerci sempre essere a tutti i costi, dimenticando il vero senso dell’anima e dell’identità. Anche qui si sente forte la voglia di nascere e rinascere. “Cosicosicosicosì” chiude il disco, come una sigla, che mette in luce il tutto.
“Caramé” è un disco che racchiude il senso più profondo delle emozioni, quelle belle, quelle più complesse da gestire. È un processo di rinascita. Un album vero, vivo, che palpita di cose da dire, di reazioni, di sofferenza e di una fottutissima voglia di ricominciare a vivere.
Io non posso che confermare il mio pensiero, che ormai risale ai primi suoi brani: Angelina è una fuoriclasse. Punto.

Quando hai dato tutto

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Quando hai dato tutto,
resta il vuoto.
Hai ascoltato tutti,
ci hai creduto.
mentre ti ferivano.
e camminavi ancora.
Quando volevi piacere a tutti.
E facevi schifo a te stesso.
Quando volevi urlare.
E sei stato zitto.
Quando arrivava il conto,
di quei silenzi.
Dei sogni infranti sugli scogli.
Del tuo riflesso, nella ruggine.
Dell’amore rubato.
Quando chiedevi aiuto,
e dovevi rialzarti da solo.
Quando pensavi fosse odio,
ed era stanchezza.
Quando hai dato tutto,
resta il vuoto.
E inizi ad amare,
anche i silenzi.

Met Gala, l’album di Sarah Toscano

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L’album di Sarah Toscano svela, nel caso qualcuno non lo avesse già notato, le sue potenzialità artistiche e musicali. “Met Gala” è il brano di apertura, con un sound contemporaneo e orecchiabile, mantenendo quel velo di malinconia caratteristico della voce dell’artista e che rappresenta un sicuro valore aggiunto. “Semplicemente” è una ballata a due voci, interpretata con Mida, funzionale e con un ritornello da manuale. Alcuni brani come “Desco” e “Maledetto ti amo”, pur ritmate e ben interpretate, non riescono a lasciare il segno, così come il brano estivo “Taki”. “Dopo di te” è un pezzo più lento e appassionato, con ampio respiro. Segue l’ormai nota “Amarcord”, un pilastro di questo album. “Tacchi” ha ritmo e un sound non proprio originali, ma orecchiabili. “Caos” è un brano movimentato, con begli incastri musicali tra voce e melodia.
“Matchpoint” chiude l’album ed è brano con un ottimo sound, testo leggero, che racconta i sentimenti tipici della giovane età dell’artista.
Nel complesso l’album è decisamente positivo, orecchiabile e in prospettiva rappresenta un punto di partenza di un percorso che può portare a un futuro musicale importante.

Io sono fuoco, il nuovo album di Annalisa

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“Io sono fuoco” è il nuovo album di Annalisa, un disco molto atteso. I brani “Dipende” e “Delusa”, si muovono nell’ormai collaudato stile da motivetto radiofonico, con qualche innesto di parole che puntano a dare un senso e un contenuto, purtroppo con un esito non positivo. Il disco continua con “Esibizionista”, un brano che anche in questo caso mette in discussione il ruolo dell’uomo, ma soprattutto del rapporto uomo donna. Come i pezzi citati prima, suona bene e Annalisa è bravissima, ma il risultato generale è troppo troppo leggero. “Maschio”, la conosciamo, ma ricalca quanto detto fin qui. “Avvelenata” ha un bel ritmo, poca sostanza. “Emanuela” affascina per un sound anni ’80, prova a metterci sopra un testo impegnato, più o meno come accade in “Chiodi”. “Io sono” é un brano che cerca di fare il punto rispetto all’album. “Amica” appare più appassionata e forse più vera. “Una tigre sul letto continua a parlarmi” è un po’ una sigla di chiusura. L’attesa era tanta per il pubblico, ma il risultato è scadente. Il livello non varia molto rispetto all’album precedente. Si parla di vortici e fiamme, ma la verità è che il valore di Annalisa non viene valorizzato, discorso a parte per “Piazza San Marco”, siamo di fronte a un album colmo di musichette, anni 80, ok, ma ritmi tutti troppo simili. Parole che vorrebbero, ma non arrivano da nessuna parte. Femminilità, femminismo, ci sarebbe di cui discutere, solo che qui non succede. Un vero peccato e un’occasione mancata.

Definisci bambino

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Definisci bambino.
Il concetto espresso da uno dei tanti e insignificanti pupazzetti dei talkshow ha dato il via a una reazione a catena che è sfociata in un vero e proprio moto di piazza. E passi per il tentativo di ridimensionare il fenomeno come “weekend lungo” e le strumentalizzazioni delle diverse parti politiche e sociali, ma si è trattato di una reazione molto importante. Sbaglia, a mio avviso, chi vorrebbe ricondurla al “ritorno della sinistra”, perché siamo davvero fuori orbita, ma della rinascita di un’esigenza di futuro, che non può vivere di soli slogan e affari. Detto questo, il mondo attorno corre, la tecnologia rischia di far cambiare il mondo, con esso, quello del lavoro. Risvegliarsi dal torpore è un inizio. Ma il percorso da fare per ritornare a parlare di politiche, di qualsiasi orientamento si tratti, senza la retorica imbarazzante dei pupazzetti da talkshow e da social è ancora lungo. È comunque un inizio.
Perché bambino è già di per sé la definizione di futuro.

Qualcosa

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Qualcosa si è rotto.
Nel gioco di specchi,
sogni e ricordi.
Occhi che bruciano,
oltre i rumori sordi.
Qualcosa si è spento.
Tra ciò in cui credevi,
e ciò che immaginavi.
Corri e corri ancora.
E ora, che rimane.
Qualcosa si è perso.
Tra i passi nella neve,
svaniti al primo sole.
Tra i sogni traditi,
i colori del cielo, rubati.

Immagine generata con AI Gemini

Polvere

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Sibili.
Fragori lontani.
Vino rosso sangue.
Bandiere spezzate
e urla per le strade.
Vestiti e stracci.
Vestiti di stracci.
Poche cose nella scatola.
Andrà tutto bene,
dicevano.
Finirà presto,
dicono.
Della mia casa,
solo pietre e polvere.
Del mio futuro,
polvere da sparo.
Sibili.
Fragori lontani.
Poi, il buio.

Immagine creata con AI Gemini.

Se solo fosse il tempo

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Ci fosse stato il tempo.
Come se davvero fosse una questione di tempo.
Il mondo si colora una luna rossa.
Gli occhi, rossi, di riflesso.
Le parole rubate.
Senza chiedere alcun permesso.
E ora quella musica è lontana.
Sussurri un nome, che hai ormai dimenticato.
Sei ruggine.
Rossa e pallida.
Silenziosa e impavida.
Ci fosse stato il tempo.
Ma, poi, cos’è il tempo?
E tu, poi, chi sei davvero?

11 settembre, oggi chi siamo.

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11 Settembre, una data che è ormai storia. È il momento in cui il mondo è cambiato, in cui si è sviluppata la necessità di videosorveglianza, controllo in remoto e che al contempo ha riacutizzato conflitti che sembravano sopiti e aperto nuovi scenari. Nel frattempo anche dal punto di vista economico lo scenario stava cambiando, così oggi assistiamo basiti a uno spettacolo in cui ci fingiamo stupiti. I droni russi abbattuti in Polonia richiamano scenari ancora precedenti, a conflitti generati dagli estremismi, dalle dittature. I personaggi ricalcano figure lontane, rese moderni da slogan apparentemente nuovi e seguiti da eserciti da tifosi, pronti a recitare a memoria concetti, sui quali difficilmente si soffermano. Prima e seconda guerra mondiale non sono capitate per caso, ma per indifferenza, per aver sposato principi nazionasti, volti a mortificare ogni forma di diversità, per poi ritrovarsi stupiti di fronte all’inevitabile. Una polarizzazione da cui non si esce facilmente e in cui per assurdo i pensieri di tutti diventano trascurabili, post veloci inghiottiti velocemente o interamente riscritti da intelligenze artificiali, che pretendono di pensare per noi, convinti di poterle controllare, mentre nel frattempo diventiamo sempre più inermi, impauriti, ignoranti, disinteressati, svogliati, annoiati, ma sempre pronti a inveire contro qualsiasi cosa non rispecchi lo slogan del potente di turno. L’11 settembre sembrava aver risvegliato un occidente addormentato e troppo preso a guardarsi allo specchio e invece sembra aver portato a ciò che mandanti ambivano: annientarlo, distruggerlo, ucciderlo. Proprio oggi questa ricorrenza deve essere lo spunto per guardarci dentro e riflettere, perché il nostro silenzio lascia troppo spazio agli slogan dei potenti di turno, ma soprattutto ai tifosi e ai facinorosi che hanno bisogno di illudersi di essere davvero importanti.