La narrazione serrata de #LaMacchinadelSilenzio

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Nel tuo romanzo la narrazione è serrata, i luoghi e le scene si rincorrono a una velocità sfrenata. I personaggi sembrano anch’essi vittime di questo vortice. Cosa ti ha spinto a questa scelta narrativa?

Lo stile narrativo è sempre una scelta. Questa è una storia moderna, che vuole e che deve affacciarsi al futuro. E il mondo in cui viviamo e in cui ragionevolmente vivranno i nostri figli sarà sempre più maledettamente veloce. Nel raccontare uno scenario simile è inevitabile fare affidamento a una narrazione che metta in scena l’ansia che abbiamo, quasi di voler combattere il tempo. Governarlo, prima che sia troppo tardi. Lo schema narrativo è quello cinematografico, in particolar modo utilizzato nelle fiction d’azione di nuova generazione, per citarne qualcuna: #Personofinterest, #Blindspot, #TheBlacklist e potrei andare avanti per ore. Ho cercato di unire le tecniche comunicative della rete con la narrativa. Due mondi che sembrano lontani, ma che non lo sono affatto.

#LaMacchinadelSilenzio
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Chiesa di San Girolamo e Vitale a Reggio Emilia 

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A Reggio Emilia esiste una chiesa che viene aperta al pubblico una sola volta l’anno. Si chiama Chiesa di San Girolamo e Vitale. Ho scelto questa ambientazione per #LaMacchinadelSilenzio per una sua importante caratteristica: La Scala Santa. Una riproduzione della Scala del Tempio di Salomone. Ecco alcuni suoi particolari.

Perché questa scelta narrativa? #LaMacchinadelSilenzio 

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Nel tuo romanzo la narrazione è serrata, i luoghi e le scene si rincorrono a una velocità sfrenata. I personaggi sembrano anch’essi vittime di questo vortice. Cosa ti ha spinto a questa scelta narrativa?

Lo stile narrativo è sempre una scelta. Questa è una storia moderna, che vuole e che deve affacciarsi al futuro. E il mondo in cui viviamo e in cui ragionevolmente vivranno i nostri figli sarà sempre più maledettamente veloce. Nel raccontare uno scenario simile è inevitabile fare affidamento a una narrazione che metta in scena l’ansia che abbiamo, quasi di voler combattere il tempo. Governarlo, prima che sia troppo tardi. Lo schema narrativo è quello cinematografico, in particolar modo utilizzato nelle fiction d’azione  di nuova generazione, per citarne qualcuna: #Personofinterest, #Blindspot, #TheBlacklist e potrei andare avanti per ore. Ho cercato di unire le tecniche comunicative della rete con la narrativa. Due mondi che sembrano lontani, ma che non lo sono affatto.

#LaMacchinadelSilenzio

Corruzione, il romanzo di Don Winslow

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Corruzione è un romanzo duro, amaro. Disarmante. Mette il lettore di fronte a un mondo che non può e non vuole comprendere, ma di cui entra a far parte. Inconsapevolmente. É la storia si un uomo che rimane vittima di se stesso e di un gioco molto più grande di lui. Ma un gioco non è. C’è di mezzo la vita delle persone che ama e, infine, la sua. Un romanzo che scava nell’anima e che lascia un senso di amarezza, difficile da superare. Parte il racconto del mondo che si annida in Manhattan North, per poi entrare nella mente dei protagonisti, nelle loro paure, nei sogni, nella necessità di combattere il male con il proprio lato oscuro. Con il timore dj perdere il controllo. Corruzione è un romanzo spietato, ma necessario.

Il primo capitolo de #LaMacchinadelSilenzio 

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New York

Convegno internazionale sul cambiamento climatico

Il dottor Kywata era in piedi sul palco e osservava compiaciuto la sala gremita di personalità nei campi della geologia, dell’idrologia e dell’informatica. Sapeva che erano tutti lì per lui, per ascoltarlo disquisire sul suo progetto presentato da tutti i media come “geniale”. Era riuscito a mantenere il segreto ed era stato coscienzioso nel lasciar trapelare solo lo stretto necessario affinché si percepisse l’importanza della sua intuizione: una scoperta in grado di modificare in maniera definitiva la storia del cambiamento climatico. Si voltò un attimo per guardare lo schermo dietro di lui, fermo sulla prima slide della presentazione; la più semplice, quella che indicava il nome del progetto e dei suoi autori. Lui e il dottor Haikidu. Sentì salire dallo stomaco un moto di fastidio. Aveva notato un errore. E lui odiava gli errori. La dimensione del carattere era chiaramente un trentadue, quando lui aveva scelto il trenta. Una volta sceso dal palco avrebbe licenziato quel miserabile che aveva rovinato la presentazione più importante della sua vita. Del resto la colpa era sua, non avrebbe dovuto fidarsi di un dottorando. Cercò di reprimere l’ira e iniziò il suo discorso. Cliccò su invio per far apparire la seconda slide: era completamente bianca. Strinse il pugno fino a farsi male. Era veramente troppo. “Maledetto incompetente” pensò. Cercò di mantenere la calma, cliccò ancora. Un’altra pagina bianca. Provò a parlare ma si accorse che gli mancava la voce. I pensieri non riuscivano a tramutarsi in parole, tutto sembrava bloccato. Si portò le mani alla bocca con un moto spontaneo, ma in pochi secondi si rese conto che stava perdendo il controllo delle mani, poi delle braccia. Le gambe cedettero all’improvviso e si ritrovò con gli occhi spalancati, vigile ma completamente incapace di comunicare. Sentì le urla e poi delle sirene in lontananza. Vide gli uomini in divisa blu che lo caricavano su una lettiga. Poi smise di capire.

 

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