L’iceberg

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​New York mi colpì per la miscela di volti e culture tanto diverse che vivevano gomito a gomito ogni giorno, ma non potevo ignorare che agli angoli delle strade e nelle zone più periferiche ci fosse un mondo in cui le luci della metropoli non arrivavano. Emarginazione, povertà, paura. Queste pagine per molti anni sono rimaste nascoste, mostrando un paese moderno e libero. Forse Trump rappresenta solo la punta dell’iceberg di un malessere di un paese che non è mai cambiato davvero dai tempi delle discriminazioni razziali e dei soprusi. 

Dignità

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​In viaggio, con poche certezze tra le mani. Quel che resta della dignità. Una fetta di speranza, da usare con prudenza e solo nei casi di estrema necessità. Il mare sa essere crudele, mai quanto gli uomini. Lungo la strada si perde tutto. E si fa in fretta a cambiare. Vorrei non dimenticare gli occhi che avevo, perché oltre il deserto c’è qualcosa di più grande. Qualcuno prega, qualcuno piega in silenzio un foglio di carta, come per cancellare per un attimo la propria identità. Ma la vita è più forte, a volte più del mare. Sa essere feroce, anche nella sua ingiustizia. Chissà se un giorno questo viaggio finirà e potrò di nuovo incontrare i miei occhi, persi. Se potrò ancora guardarli. E restituire loro quel che resta della dignità.

La polvere

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​Il giorno della memoria, una memoria consumata, rovinata dalle strade tortuose, dalle verità create ad arte. Dalle lacrime mai versate, la cenere, la polvere e quel male che non vuole mai svanire davvero. Il filo spinato non ci lascia uscire. Siamo anime dannate, condannate a dimenticare. Un numero, mai più un nome. Storie, le stesse, a ripetersi e ingannarsi. E noi, distratti, a far finta di vivere.

Il posto

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​Cercavo un posto oltre il tempo, un rifugio per quando la notte si fa più fredda, dove la luce é il riflesso incondizionato degli occhi, il contatto, un brivido improvviso. Il viso come un libro. Le sue pagine, momenti, sensazioni, lacrime e risate. Le sfumature. Le orme dei passi che si uniscono. Cercavo un posto oltre il tempo. E quel posto sei tu.

Parlo poco.

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​Parlo poco. E a volte sogno troppo. Ad avere un pó più i piedi per terra ho imparato con il tempo, anche quando voleva dire perdere qualcosa di me. Rifletti, battiti per ciò in cui credi, pensa, impara. Tutti concetti che insegnano fin da bambino, poi, a un tratto, ti dicono di smettere di farlo. Proprio quando ci avevi preso gusto. C’è un album da completare. E tu sei una figurina. Te le ricordi le figurine? Hanno un nome. E una faccia. A me è sempre piaciuto scoprire la storia di quelle facce, perché avessero scelto di indossare proprio quella maglia e magari non un’altra. Ma una volta c’era la passione. E un prezzo da pagare. Oggi, nell’era dei risvoltini e delle facce da like, da saldo di fine stagione, io ho ancora voglia di riflettere, pensare, imparare, battermi per ciò in cui credo. Ho un nome, una faccia. E continuo a parlare poco.

Con altri occhi

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​In punta di fioretto. All’angolo del palcoscenico. Una voce fuori campo. Un nome che non puoi dimenticare. Scendere alla fermata prima per sentirne il sapore, quello della pioggia scostante, in una stanza vuota. La punta della spada, una goccia di orgoglio. Gli occhi aperti, davanti ad altri occhi.

Parliamo d’amore

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​Parliamo d’amore, ogni tanto serve. Quante volte hai chiesto scusa per non aver trovato le parole, camminato in punta di piedi per non svegliare qualcuno. Giocato a un sogno, sapendo che non era un gioco. Mentito, perché la verità avrebbe fatto più male. 

Guardato con odio la notte, solo perché avresti desiderato un ultimo raggio di sole. Parliamo d’amore, se serve, quando l’unica risposta é di fronte a te. Ma ben oltre lo specchio.

In quel preciso istante

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​Chissà se un giorno le voci saranno così forti, dal trattenerla, una lacrima. Si disse, mentre non riusciva a staccare lo sguardo da quel paesaggio, da quella luce che sembrava parlare. Ogni passo sarebbe stato difficile, ma non per questo avrebbe smesso di correre. Ogni muscolo, teso al raggiungimento del traguardo. E forse in quel preciso istante se ne rese conto, quella che aveva sempre combattuto non era mai stata la sua avversaria, ma la più fedele alleata. Le luci erano ormai quasi scomparse. L’ultimo bagliore, poco prima della notte. Chiuse la porta di casa, ma non riuscì a guardarsi allo specchio quando accadde. Quella goccia scivoló in terra, silenziosa. Una tregua, una paura, un attimo sospeso tra la notte e l’alba, tra la quiete e la tempesta. Tra la vittoria e la sconfitta. Sentiva le voci nel soggiorno. Andò in bagno per sciacquare il viso. Aveva perso per la prima volta. L’emozione aveva vinto. Poi venne travolto da una voce fortissima.

Finalmente sei tornato, papà.

In tutti quei colori

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C’erano dei colori strani nel cielo stasera, sfumature che sembravano irridere i confini spaesati delle montagne. Qualche residuo di vento, con tutto il suo sapore. Le luci che si cambiano d’abito, come poco prima di entrare in scena. Riflettori a forma di luna. Una semplice sera, che racchiude ogni cosa, in tutti quei colori.