Il freddo

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Il freddo annienta l’anima.

Lo fa scrutando ogni pagina,

bianca, come deserto.

Ricalca i bordi incerti,

scava fino in fondo, e osserva,

i passi svelti delle parole.

Stringi i denti, rifletti.

E sui vetri scivolano gocce.

E un nome sul vapore.

Le tracce si rincorrono.

A ogni istante, un tempo,

A ogni tempo, un cenno.

Il freddo ferma ogni cosa,

per ore, mesi, anni, forse.

Congela anche il vento.

Un soffio leggero e fragile,

mentre scrivo sulla condensa

dove sei.

Le pagine bianche

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Guardare queste pagine bianche non mi aiuterà, così illudermi che i silenzi d’un tratto possano parlare. Sognare ciò che un sogno è stato, è ingannarsi, è una ferita che sanguina pensieri. Che mi lascia senza più note da suonare, senza parole da scrivere. Senza nubi da guardare. Senza la luna alla quale ululare, ogni qualvolta che si mostra nel pieno della sua bellezza. Ogni notte è un rintocco che scandisce gli attimi che nella mia mente si rincorrono.

Ogni istante non svanisce mai davvero, resta lì, senza affondare. Senza restare a galla. Quel che volevo era lì, a un passo. Ed è ancora qui. Dentro.

La nota sbagliata

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La nota sbagliata,

nella melodia che annienta

La parola non capita

In ogni sogno che incanta

E poi raccontavo,

parlavo, di me, a chi, a cosa?

Se ciò che amavo

È altrove e in prosa

Disegno un’immagine

E scrivo pagine e lame

Taglienti di oscurità

E ho ancora fame

Di quegli occhi

Di quelle mani

Di quei sogni

Quando cerco qualcosa

La trovo tra le righe

Di ogni pentagramma

Come dighe a fermarmi

La trovo, e la nota

Quella sbagliata,

è che non sei qui.

È che sei svanita

Nebbia

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Avvolto in una nube di nebbia, con occhi infranti, e sogni naufraghi. Fermo, di fronte a un mare di ghiaccio. Ed è quel che resta, degli occhi, degli sguardi. Di me.

Cadere, lentamente. Negli occhi che sussurrano, e immagini che cambiano, nei riflessi che si rincorrono. Mi hai avvolto in una nuvola, stretto ai respiri più profondi.

Soltanto questo

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Un viaggio,

soltanto questo.

Nei tuoi occhi,

sfuggenti e sconosciuti,

crei e scomponi

come le note nate in fretta

Un salto,

tra deserto e irrealtà

tra confine e fantasia

Ancora un viaggio,

dove mutano le stagioni,

dove muoiono gli amori.

Le strade tacciono,

nell’apatia della sera,

nelle immagini sfocate.

Nella nudità dell’anima.

Perché c’è un senso,

tra le righe del pentagramma.

C’è una verità.

Che giace sommersa,

che piange solitaria.

Che si consola col vento.

Il mio inganno è sorridere,

il mio silenzio è il verso migliore.

Così raccolgo un po’ di me

E nuoto tra le acque di un sogno

Che hai i tuoi occhi,

il tuo sorriso.

Ed è un viaggio.

Soltanto questo.

…dai lunghi passi della notte.

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 Scintille,

memorie che si infrangono,

su scogli disegnati appena.

Certezze,

appannate dal tempo,

e dai passi lunghi della notte.

Ombre.

Che si accartocciano

nei dirupi immersi nella nebbia.

Il tempo scivola impietoso

nei bassifondi dei ricordi.

Colora di rosso gli stracci,

perché si intonino col sorriso.

Finto.

Costruito.

Cauto.

E nelle sere d’estate

Scivolano via pezzi,

parti essenziali di un sogno,

sparpagliati per terra

con le favole perse

e le illusioni svanite.

Terre aride,

che invocano pioggia.

Scintille,

memorie disperse

ma che non vogliono morire.

Come le nubi, il sole.

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Riflettore uno. Puntato.

“L’altro lato della luna è oscuro” urlò la donna.

“Perché mi dici questo?” rispose quello strano uomo.

“Perché sento che hai paura.”

Lo strano uomo abbassò lo sguardo e fece alcuni passi verso la finestra, aperta su un giardino meraviglioso. Poi alzò lo sguardo verso il cielo.

“La luna non c’è. Stanotte.”

“Sei tu che non riesci a vederla, ma se chiudo gli occhi. Puoi sentirla.”

Lo strano uomo non chiuse gli occhi. Si voltò verso la donna, la fissò per alcuni istanti. Senza dire niente e si avviò verso le scale. Abbandonò la stanza senza salutare la donna. Camminò per ore e ore, fino a sentire il dolore alle gambe.

Raggiunse la spiaggia e chiuse gli occhi con il respiro sempre più lento. Riaprì gli occhi e guardò ancora una volta il cielo.

“Ho paura” sussurrò.
Le onde si rincorrevano sullo strato di sabbia umida. E le nubi della sera nascondevano il grande sole rosso.

Si tolse le scarpe e passo dopo passo lasciò le sue orme. Un sentiero silenzioso, che presto le onde avrebbero nascosto,

come le nubi il sole.

Il rumore dei ricordi

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Lei chiuse gli occhi,

cantò per ore.

Quasi senza respirare.

Senza accorgermene mi ritrovai incantato,

perso tra le rovine dei miei ricordi.

Alcuni erano oscuri,

come cumuli di cenere di un incendio doloso

Mi soffermai a sentire l’odore di bruciato,

poi mi incamminai, fino a raggiungere le rocce.

Il vento soffiava forte. Mi bruciavano gli occhi.

“No, nessuna lacrima” mi ripetevo.

Mentre una melodia lenta riecheggiava,

tra il mare e l’orizzonte.

C’era rabbia in quel vento,

riuscivo a sentirlo.

Quando quella lacrima cadde,

scivolò giù abbracciata da un fiume,

per ricongiungersi al mare.

Allora riaprii gli occhi,

e mi risvegliai con il sapore di un bacio.

E il vento era cambiato.

Svanita è l’immagine

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Non c’è oscurità,

né alcuna breccia di luna,

tra le pareti oscene

di questo locale buio

C’è il nome di una donna

e il verso di una bestia.

C’è consapevolezza.

E inganno.

La vergogna è sopita,

tra cumuli di arroganza.

Svanita l’immagine

Tradita la speranza

Non c’è vento stasera.

E piove.

Il distacco delle cose

È il piacere assoluto

Senza poesie e prose

Che hanno un sapore strano

Legato alla notte.

Alla storia.

Come l’idiozia,

l’armare l’inquietudine

e Ferirla ancora,

nella brama di dormire.

Questo rumore mi uccide,

come questo parlarsi addosso

Ho bisogno di silenzio.

Vorrei fuggire e non posso

 

Chiamano il mio nome:

sono il prossimo.

C’è freddo stanotte.

Ho i brividi.

Traiettorie

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Ai lati degli occhi

Come sbavature leggere

E colori che si rincorrono

Essere, quando si perdono

Ingannarsi, quando si spera

E il vento si raccoglie

E coglie l’incanto del mare

Era il senso delle cose

Quando finisce di piovere

Novità e pericolose stelle

Che nulla han da perdere

Ai bordi del sole

Ci sono raggi sfuggenti

E donne sole piangono

Per le paure ricorrenti

Traiettorie che infrangono

Onde sul selciato del presente