Innocenti

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Uno scenario geopolitico complesso, personaggi politici cinici e pronti a immolare innocenti sull’altare del predominio economico dell’intero pianeta. A ferne le spese, gli innocenti. Gli estranei a questo meccanismo, che poi così estranei  non possono essere. Un periodo recessivo senza precedenti. Questo scacchiere storico non è una novità, ma i tifosi di Trump e Putin non sono soliti sfogliare troppi libri. 
Ps: stanotte c’è stato un attacco missilistico americano in Siria in risposta all’atto vile di Assad, spalleggiato da Putin.

Semplicemente ipocriti

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In un contesto storico decisamente nauseante e che ci riporta a un nuovo medioevo tossico, parlare di una strage di bambini sembra la normalità. Parliamo di diritti, ma siamo pronti a lederli. Siamo democratici, ma solo fino a quando fa comodo. Lasciano un senso di amarezza profonda, questi tempi. La sensazione di essere inermi. Così un dittatore è libero di distruggere vite e il senso più puro della libertà. Come quando si è costretti a convivere in una casa con una persona violenta e pericolosa, bisogna saperla prendere per evitare che si arrabbi. Le vittime con il tempo imparano a convivere con il male, alcune anche a pensare che quella sia la normalità. Questo accade però perché tutti si girano dall’altra parte, isolano le vittime, si voltano verso le apparenze colorate. Il male esiste. E va fronteggiato. Altrimenti non si è dalla parte giusta, si è solo e semplicemente ipocriti.

Ho immaginato

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Ho immaginato una stanza vuota con le pareti bianche, sulle quali attaccavo dei poster che in qualche modo mi rappresentassero. Poi mi affacciavo dall’unica finestra e osservavo. Dall’altra parte c’era una tizia che attaccava dei poster sulle pareti spoglie di una stanza vuota. Per poi capire che si trattava di un intero alveare colmo di stanze simili, ognuna vuota e con una finestra aperta su altre finestre su altre stanze. Ognuna con qualche poster sulle pareti e abitata da un individuo che voleva sentirsi diverso dagli altri.

Ho immaginato un mondo in cui nessuno poteva essere davvero se stesso, ma in cui tutti condividevano ciò che credevamo di essere. E poi ho capito a cosa servivano i social.

La moda del non dire

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Parlare di attentati non va di più di moda, ci si abitua a tutto in un mondo che vuole vestirsi da reality. Lo show deve far ridere, rilassare, al massimo far acquistare qualche prodotto. Ci guardiamo negli occhi, ma stiamo pensando ad altro, anche quando parliamo di cultura. Il nulla è punto nevralgico in mezzo a una valanga di informazioni. Eppure sono tutte lì, a ricordarci che non serve aver paura, quando inizi ad averne anche di te stesso. Parlare non va più di moda, tanto meno ascoltarsi.

Condivisione e pietà

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Per me il concetto di condivisione di un’emozione non è mai stato del tutto estraneo. Banalmente perché in alcune canzoni ho raccontato per filo e per segno le sensazioni che provavo in quei momenti. Tuttavia assisto a una sempre più intensa esposizione delle proprie intimità, come se ci fosse la necessità di mettersi in piazza per un po’ di consenso in più. Un fenomeno che assume dimensioni imbarazzanti e forse patologiche. Credo sia utile, importante e terapeutico scrivere, ne sono certo, anche di temi dolorosi, ma forse occorre fare attenzione a non superare il limite che esiste tra condividere un’emozione e far leva sulla pietà per renderla commerciale, per rispetto del tema di cui si sta trattando, almeno. Dicono che però il mondo stia andando in questa direzione, ma é un mondo che a me non piace. É questo il concetto che oggi vorrei condividere.

Si parla di autismo

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Si parla molto di autismo. Una sindrome difficile, anche solo da capire e comprendere per chi non la conosce dall’interno. Un’idea molto dettagliata me l’ha regalata un libro: Love Anthony di Lisa Genova. Il titolo italiano é Tre sassi bianchi, un romanzo grazie al quale l’autrice fa entrare il lettore nella mente di Anthony, svelando le architetture del pensiero e mettendo in luce un particolare importante: i metodi di ragionamento sono diversi per tutti e capirsi è un’arte. Sicuramente per approcciarsi in questo modo, oltre alle straordinarie capacitá narrative, é stata importante la conoscenza nel campo della neuropsichiatria dell’autrice. Un’opera che consiglio, sia da un punto di vista narrativo, sia per scoprire cos’è davvero l’autismo, come funziona nelle sue diverse sfumature. Un ottimo modo di parlare di autismo.

Occhio per occhio, l’occhio nero.

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La violenza domestica non inizia mai con pugno. Nasce e si sviluppa dai toni di voce e si concretizza con una minaccia silenziosa. Continua. Fa leva sulle esigenze economiche. Sembra invisibile, ma scava nelle ombre, fino ad arrivare alla dignità. Occhio per occhio, l’occhio nero. Le armi sono poche, spesso inesistenti, alcune scorrono sul filo leggero dell’inchiostro.

Quando si parla di bullismo

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Quando si parla di bullismo, bisognerebbe farlo con tatto e discrezione, per un motivo molto semplice: quasi tutti, in un modo o in un altro, lo abbiamo subito. I tempi sono cambiati, diventando violenti e sempre più imprevedibili. Diventa sempre più difficile dire ai ragazzini cosa fare, come farlo e soprattutto perché. Ed é così perché una volta gli equilibri erano diversi, ci si limitava alla scazzottata, agli insulti. Tutto ciò rimaneva confinato in un luogo lontano dalla propria famiglia, perché era una forma intima di autodeterminazione. Però, tra vittime ci si aiutava. Oggi il mondo sembra più subdolo, anche solo per l’avvento della tecnologia che ci annienta ogni giorno di più. Imparare o insegnare come convivere con la cattiveria, con le serpi, con l’impossibilità di reagire rappresenta un’impresa titanica per i genitori di oggi. Tutto cambia troppo velocemente, ma una cosa è certa: non sembra più il tempo di lasciare che un ragazzino rimanga isolato nella sua autodeterminazione, perché potrebbe non avere la forza necessaria per reagire. Quando si parla di bullismo, bisognerebbe farlo con tatto e discrezione. Per un semplice motivo: quasi tutti, anche inconsapevolmente, siamo stati il bullo di qualcuno. O potremmo diventarlo.

Blogger senza Rolex e regole

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​Leggo da un po’ di tempo post acidi contro il disco di J-Ax e Fedez. Ora partiamo dal presupposto che non ho alcun interesse a parlarne bene, tuttavia credo si stia parlando senza sapere. È vero, sono entrambi molto seguiti dai più giovani, ma ignoriamo che intere generazioni sono cresciute a pane e Articolo 31 e posso assicurare che non tutti sono diventati delinquenti. Inoltre posso affermare, tenuto conto che scrivo da dieci anni e più recensioni musicali, che i testi scritti fino a ora dai due artisti non sono affatto merda come leggo sui social, Assenzio per esempio è un brano molto intenso e introspettivo, Vorrei ma non posto è una canzone ironica e surreale, ma purtroppo fin troppo vera e costruita musicalmente con uno stile moderno e accattivante. Questo per dire che prima di sentenziare bisognerebbe imparare ad ascoltare e non a giudicare per partito preso. Ma proprio perché voglio darvi ascolto sono andato ad analizzare Fedez, che ammetto di conoscere meno. Bene, nulla che somigli a un linguaggio da gangster come dichiara tizio dal suo blog, ma anzi brani come Tutto il contrario mettono in luce un punto di vista dissacrante, forse politicamente scorretto, ma che dichiara, come lo stesso titolo evidenzia, esattamente il contrario delle cose negative elencate. L’unico vero dissing é Veleno per topic, ma ho ascoltato di peggio. Insomma, non mi sembra che Jax e Fedez rovinino proprio nessun ragazzino, forse lo fa il pressapochismo e la necessità di fare like sparando a zero su tutto.

Come un pianista

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Come un pianista, disegnerei traiettorie in bilico tra cielo e terra, tra il senso e la guerra. Ma le mie dita non riescono a sfiorare i tasti, su questi tempi imperfetti. Un proiettile, non è una parola. E una parola, non è sempre la storia. Il sangue non può avere colore diverso, quando il sipario si chiude. Restano gli applausi, o un assordante silenzio.