Recensione “The Quite Riot” degli Ordem

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L’album “The Quite Riot” degli Ordem accompagna l’ascoltatore verso sonorità d’altri tempi sin dalla prima canzone “No Life”, al rock melodico con retrogusto malinconico portato al successo da gruppi storici come Gun’s Roses e U2. Proseguendo nell’ascolto c’è “The scent of lights”, una ballata ricca di melodia, rock semplice e puro, senza troppi fronzoli. Il brano “The quite riot” è veloce, con bellissimi virtuosismi di chitarra elettrica, costruiti sulla base melodica ben studiata. “Essential” sembra essere l’aggettivo perfetto del rock degli Ordem: essenziale. Musica che si fa ascoltare e che affascina. L’intro di “Instant’s mind” ricorda il suono dei Dream Theatre, anche nel suo quasi malinconico incedere, in cui la voce rompe il giro di accordi e ha inizio una canzone ricca di atmosfera. “Surrenders to rise” accompagna come durante un viaggio in auto, lungo strade perse in aperta campagna, mentre lontano si intravede un sapore nuovo, dimenticato. “Brand new song” è un brano che si immerge in un’atmosfera energica, con un ritmo che trascina, mentre “Shine on”, sembra rallentare il corso dell’intero album, come volesse far riflettere. Il tempo è più lento, la voce più soffice. Riflessiva. “Everything” riporta con un rif ben studiato a un pezzo grintoso e graffiante. “Mayf” e “Edges” rappresentano un rock, forse più classico, ma sempre accattivante, come d’altro canto tutti i pezzi del disco. “Us” si apre con un rif intimo, suadente ed è così che nasce una canzone quasi sussurrata, che raccoglie sentimenti, emozioni e un profumo che non smette mai un attimo di essere rock. L’album si chiude con “Waterlily”, che mantiene lo stile affascinante degli Ordem, richiami anche in questo caso al rock melodico e passionale che sembrava svanito, ma che questo gruppo ripresenta e lo fa molto bene, riuscendo a mantenere un cuore rock che pulsa, su melodie e sonorità moderne e rivisitate. Un salto nel tempo, e un ritorno alla realtà, malinconia ed energia, rabbia e passione, i punti cardine della musica. Del perdersi e, alla fine del viaggio, ritrovarsi, magari sorridendo di fronte a un tramonto, alla fine di una lunga giornata, di musica.

Ascoltarmi

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Indosso una maschera, e un sorriso di specchi. Parole silenziose, e occhi, velati. Il tempo ha il colore delle nubi, poco prima che la notte si addormenti. E’ l’alba, e l’aria sa di stelle, ed è la luna. Ad ascoltarmi.

Recensione di “Adieu Shangri-la” di Ugo Mazzei

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L’album “Adieu Shangri-la” è ricco di sensazioni e atmosfere piacevoli, di pezzi intensi e profondi e musiche avvolgenti.

Il brano “Fatemi respirare” richiama influenze alla De Gregori, una musica che si perde tra poesia e rock melodico, con un testo che è a tratti provocatorio, certamente intenso. “Sexyroad” sembra ricordare le ballate di De Andrè e allo stesso tempo incantare con atmosfere americane, tra asfalto, polvere e pensieri che rincorrono una sensazione di confusione, dentro. E’ la ricerca di se stessi, delle cose importanti lasciate alle spalle. “C’era” è una ballata impegnata, una storia che incanta e si fa strada dentro i ricordi. Un racconto al ritmo di un tempo lontano, eppure ancora troppo vicino. “Canzone per Chico” è una canzone lenta, quasi inesorabile, come il viaggio in treno, nel tempo, oltre il tempo. Fermarsi a una stazione e guardare il cartelloni degli orari, ma non ci sono scritte, solo la certezza di un altro viaggio. “Oh Susanna” racconta invece un rock sanguigno, con leggere contaminazioni country, una storia appassionata e intensa, con immagini e personaggi degni della narrativa di viaggio. Il brano “Armaggeddon” possiede un bellissimo sound, una ballata brillante e con un ottimo arrangiamento. Un viaggio, una storia. “Oggi” è un pezzo intimo e introspettivo, che parla d’amore, di emozioni e scatta istantanee di istanti rubati e di parole lasciate a metà, di sguardi che rimangono indelebili, nonostante il tempo e le cose che cambiano. Il tema di “Stracci inutili” è dimenticare, lasciare tutto alle spalle. Ricominciare. E’ un pezzo che racconta come rialzarsi, cercando la forza dentro. “Cerchio di fuoco” racconta una fuga, dai o nei ricordi, come in un gioco, aspettando che qualcuno faccia la prima mossa. E’ la storia di un’attesa, forse, di un’eternità. “Adieu Shangri-la” è la canzone che regala il titolo all’album. Come una canzone d’amore, come un addio leggero, senza dolore. Come la malinconia sulle note di diamante e nuvole. Un’estasi senza tempo. Una sfumatura che costruisce un colore, una melodia che vibra al suono dei ricordi.

L’album di Ugo Mazzei è bello da ascoltare, ha richiami a molta della musica leggera italiana, soprattutto a quella cantautoriale. Da De Gregori a De Andrè, passando le Guccini, i testi sono raffinati e ben costruiti, la musicalità e gli arrangiamenti sono molto curati. Un bel disco.

La nota sbagliata

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La nota sbagliata,

nella melodia che annienta

La parola non capita

In ogni sogno che incanta

E poi raccontavo,

parlavo, di me, a chi, a cosa?

Se ciò che amavo

È altrove e in prosa

Disegno un’immagine

E scrivo pagine e lame

Taglienti di oscurità

E ho ancora fame

Di quegli occhi

Di quelle mani

Di quei sogni

Quando cerco qualcosa

La trovo tra le righe

Di ogni pentagramma

Come dighe a fermarmi

La trovo, e la nota

Quella sbagliata,

è che non sei qui.

È che sei svanita

L’eco del tuo sguardo

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Il vetro è trasparente, la verità che si nasconde in una banalità. Il sogno è assente, principe tenebroso delle notti senza stelle, nei colori freddi dell’inverno. Non c’è infamia nel cadere nel luogo comune, nel perdersi in strade senza punti di riferimento. Senza guardarsi intorno, scivolare nella brezza di un mare lontano. Ed è nebbia quella che vedo. La tua immagine è lontana, sfumata tra le pieghe di un autunno di foglie secche e fiumi in piena, tra ricordi lasciati a metà, tra cielo e terra, tra specchio e riflesso. Nulla è certo, nel buio colorato e nell’asfalto di richiamo. E nel riflesso di un lago si vedono i rami, le foglie e l’eco del tuo sguardo.

Recensione del romanzo “Ti voglio vivere” e intervista all’autrice Rossella Rasulo

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Il romanzo “Ti voglio vivere” di Rossella Rasulo è fresco, frizzante e ricco di immagini che evocano ricordi. Una lettura perfetta per i più giovani  e per chi vuole concedersi una pausa tra sogni e pensieri. La trama è un vortice di emozioni e sensazioni che portano sino all’anima dei protagonisti. E’ la storia di Mel, Simona e Fabrizio, ragazzi semplici, come tanti, ma complessi allo stesso tempo. Amici e compagni di scuola, alle prese con le prime insidie della vita, le rivalità e le storie d’amore, quelle che non nascono e quelle che esplodono all’improvviso e che sanno far male. I primi tradimenti, sfumati nelle emozioni che quando si è così giovani sembrano più pure e intense, e forse lo sono davvero. La narrazione è fluida e coinvolgente. I personaggi sono accattivanti e affascinanti: Mel è fascinosa nella sua complessità, persino nei suoi difetti e nella sua identità che divide con il suo alter-ego: Queen Bee, la protagonista del suo blog. Simona è ammaliante, rivela un carattere forte e determinato, ma la sua anima è sognante e ingenua. Fabrizio è un personaggio in cui è facile immedesimarsi, il classico bravo ragazzo che si innamora di una donna e le regala la sua anima, senza essere ricambiato, almeno non come vorrebbe. Il suo esatto contrario è Max, l’uomo di cui Simona si innamora e che la metterà di fronte a sfumature della vita che lei ancora non conosce.

“Ti voglio vivere” è una bella storia, una bussola che indica la strada, una macchina del tempo in grado di far tornare ai giorni in cui la scuola occupava la vita, in cui ore di lezione erano spesso noiose e in cui i rapporti con i compagni di scuola erano talvolta difficili. E’ un viaggio che lascia un sapore amaro e dolce allo stesso tempo. Fa ripensare agli amori che nascono e muoiono in fretta, giusto il tempo di una rosa, a quando le amicizie sembravano poter essere eterne, indistruttibili. Questo romanzo riesce a far percepire al lettore il senso del tempo, di come si cambia e di quando siano stati importanti quei momenti, che allora sembravano insignificanti, noiosi. Inutili. Tutto ha un senso, e Rossella Rasulo lo racchiude tra le pagine del suo romanzo “Ti voglio vivere”.

A seguire una breve intervista all’autrice:

Mel è affascinante e intensa, un po’ persa nel suo mondo, mentre Simona è più realista e precisa. Come sono nati questi personaggi?

Mel e Simona sono il risultato della mia personalità e di quella della mia migliore amica quando avevamo la loro età. Ma non sono me e lei. Ho preso alcuni lati dei nostri caratteri e li ho ridistruibuiti sulle due protagoniste creando una miscela particolare. 
Mi sono molto divertita nel mescolarci in questo modo. 
E si è divertita anche la mia migliore amica quando ha letto il libro.

Nella tua vita di scrittrice e blogger di successo hai mai avuto una Queen Bee?


No, ho sempre scritto tutto col mio nome. Non ho mai creato un personaggio. All’inizio usavo un nick, come facevano tutti, ma non per nascondere la mia vera identità. Era solo il modo più comune di gestire un blog. 

Max e Fabrizio, due facce di una medaglia, due personalità molto diverse. È un’antitesi voluta?

Non è un antitesi studiata a tavolino. Credo che ogni ragazza e ogni donna incontri nella sua vita entrambe le tipologie di amori e di amicizie. Trovo che siano tutt’e due importanti per crescere, per capire cosa cerchiamo per noi stessi.

Perdoneresti dopo un tradimento?

Dipende. 
Non esiste una risposta universale a una domanda del genere. Per alcuni è sì, per altri è un no categorico.
Nella stessa vita si può accettare un tradimento e condannarne un altro. 
Credo sia solo una questione di buon senso più che di luoghi comuni.

C’è un’anima comune tra “Ti voglio vivere” e “Mi piace vederti felice?”

Un’anima vera e propria non direi, sono profondamente diversi, anche se entrambi affrontano il delicato equilibrio delle grandi amicizie.

Nel tuo romanzo l’amicizia è un valore importante, che forse vince sui sentimenti e sul sesso. Nella realtà è davvero così?

Continuo a credere che niente sia più potente e imperturbabile nella vita come un’amicizia profonda, perché un vero amico resta a prescindere da quel che succede, mentre un amore, a volte, non sopravvive ai cambiamenti e al tempo.

Qual è la tua posizione nei confronti delle droghe leggere?

Non amo gli stati d’alterazione, tantomeno le dipendenze. Anche solo l’idea di dipendere fisicamente e psicologicamente da una sostanza mi infastidisce. 
Ma è un mio personale modo di vivere.

Uno scrittore serio e preparato deve lavorare molto per farsi conoscere e farsi leggere, così come fai tu, cosa pensi dell’editoria low-cost, che spesso sacrifica qualità a favore della pubblicità?

Ne penso male. Che altro potrei pensare? 
Non mi piace questo lento e progressivo sistema che sta abbassando la qualità di qualsiasi cosa (nell’editoria, nei programmi televisivi, nel giornalismo). 
Non credo che sia compito esclusivo della narrativa quello di educare, ma arrivare addirittura a diseducare mi pare eccessivo. È un vero peccato.

Recensione del romanzo “Il silenzio dell’onda” di Gianrico Carofiglio

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Il romanzo “Il silenzio dell’onda” di Gianrico Carofiglio è intenso, profondo, scava nell’anima del protagonista, Roberto Marias, ex agente segreto in crisi di identità, che incontra un’ex attrice, Emma, anche lei in cura dal suo stesso psichiatra. Si riscoprono insieme, ritrovano la strada persa. Roberto vive dentro si sé una guerra, il rapporto con suo padre, con il suo lavoro e con se stesso. Emma è inquieta e affascinante. Vive il dolore di aver rivelato la verità al marito, che poi è morto in un incidente. Le sue inquietudini si riflettono sul figlio, che vive a metà tra il racconto dei suoi sogni e la realtà di un sentimento verso una ragazza, che a sua volta è tormentata dalla violenza di una realtà spietata. Lo stile dell’autore è magistrale, diretto, semplice e coinvolgente. Accompagna il lettore nei pensieri più intimi dei personaggi, fino a scrutarlo dentro, così come lo psichiatra fa con Roberto. Ci sono tante storie in questo romanzo, tante realtà che si miscelano e si incanalano in una sola, che è forte, decisa. Che commuove. Spesso in un libro si cercano storie di avventura, tensione e passione. Spesso si cerca soltanto se stessi. E in questo libro magicamente si riescono a trovare entrambe le cose, legate con il giusto equilibrio, raccontate con semplicità e armonia. Ci si affeziona presto a questi personaggi, ed è poi difficile abbandonarli. Forse perché questi personaggi sono fragili come noi, hanno paura come noi. Sono alla ricerca di se stessi. Semplicemente vivono e cercano di superare i dolori e i drammi della vita. Il tema più importante di questo romanzo è certamente il rapporto tra genitore e figlio, un rapporto complesso, ricco di sfumature. Tra le pagine de “Il silenzio dell’onda” viene quasi “analizzato”, sviscerato nelle sue componenti, fino a renderlo tristemente affascinante. In una Roma che è sempre uno scenario perfetto per ogni tipo di storia, Carofiglio ha trovato il miglior completamento possibile per questo libro, che si divora in poco tempo e di cui poi si sente la mancanza, una volta terminato. “Il silenzio dell’onda” è un libro molto bello, raffinato ed elegante, ma, cosa ben più importante, che possiede un’anima e crea un contatto quasi mistico con il lettore. Assolutamente da leggere.

Recensione “To the tremendous road” di Dola J. Chaplin

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La musica che il cantautore Dola J. Chaplin propone è una miscela intrigante, ricca di spunti interessanti. Coccola con suoni che viaggiano dal rock per giungere all’anima, passando per atmosfere country. Tante canzoni che sono una colonna sonora ideale per un lungo viaggio in automobile. “Go wind” è una ballata tra country e pop contemporaneo, con un sound accattivante e gradevole. “You’re on my mind” richiama atmosfere che sfociano nel blues, con un ritmo lento ed evocativo, con suoni che avvolgono grazie anche alla voce profonda e intensa del cantante. “What i care” è un pezzo che possiede un ritmo travolgente con il sapore di un lungo viaggio su strade polverose, bevendo birra. “Railway” è invece una ballata sussurrata e suadente, con un ottimo ritmo regalato dal suono delle chitarre. “Dyn’ every day” è una canzone con una forte matrice country, con il sapore di sabbia e vento che entra dai finestrini dell’auto in corsa.

“Flowers” è un pezzo con anima rock, quello di una volta, quello con la R maiuscola. Il lento incedere del pezzo “Frost ‘neath the nails” fa sentire il suono vibrante della malinconia. Quella che accompagna un pomeriggio di un giorno qualunque, un giorno di pensieri. “To the tremendous road” è ricca di  suoni e cori country rivisitati in chiave contemporanea e orecchiabile, con chitarre che accompagnano una voce profonda, così come in “Sails”. Un suono ovattato che incanta.  In “Nothing to say” si sente l’eco delle parole che scivolano su una melodia che stringe il cuore. E’ un pezzo raffinato e curato. E lo è anche “Drivin’ south”. Quando il sole spunta. E’ l’alba che bussa dal finestrino dell’auto. E’ un sogno che nasce, forse uno che muore. E’ una canzone che si appoggia dolcemente sui pensieri e li culla, li rincuora. “To the tremendous road” è un bell’album, musiche e melodia che sanno toccare dentro. Pezzi profondi e intensi che fanno vibrare le corde dell’anima. E’ musica vera, che si sente fino al profondo. Sogna, incanta e splende. Semplicemente, racconta. Suoni raffinati e particolari, che racchiudono la storia della musica e il futuro. C’è da essere sicuri. Questo album è ricco di ottime canzoni. Da Ascoltare.

L’alchimia

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   Il succo di un pensiero, è la libertà di poterlo assaporare.

Sentirne ancora il profumo, l’inebriante essenza, che nessun alchimista potrà ricreare.
E nell’assenza ritaglio i colori, li ricompongo, perchè diventino un aquilone.
Il resto, lo farà il vento.